Marjana Gjrkay in Italia è stata la cerimonia con fiori, candele e tanti occhi lucidi che si è svolta venerdì 11 dicembre in piazza Libertà. Per i suoi amici, per la comunità albanese che risiede nel Gallaratese e per quelle tante donne che pur non avendola mai conosciuta piangono l’ennesima vittima del femminicidio, non ci sarà altra occasione per renderle omaggio. I funerali si svolgeranno in Albania: così hanno deciso i più stretti famigliari di Marjana e Gjin Preducaj, coloro che dalla notte della tragedia, tra l’8 e il 9 dicembre, si sono presi cura dei loro due figli di tre e undici anni, rimasti orfani di quella apparente serenità che fino a martedì notte li aveva coccolati nella loro abitazione di via Ristori a Cedrate. La bimba è già tornata a scuola, avvolta da una rete di sostegno composta da insegnanti, assistenti sociali e famigliari che si sta occupando dell’impatto devastante che il folle gesto del padre avrà sulla sua vita e su quella del fratellino. È una zia, ora, ad accudirli, colei a cui Gjin, subito dopo aver inferto il fendente mortale al collo della moglie, ha telefonato sconvolto, dicendole: «È tutto finito». Ed è lei che si sta muovendo all’interno della complicata macchina burocratica per consentire il rapido rimpatrio della salma a Scutari, nel Nord del’Albania, al confine con il Montenegro, laddove Marjana era originaria. Raccolti tutti gli elementi utili per le indagini, infatti, il pubblico ministero Nadia Calcaterra ha disposto il dissequestro della salma. Lunedì 14 dicembre l’impresa di pompe funebri incaricata dovrebbe ottenere le ultime carte necessarie dall’Asl e dall’ambasciata albanese, dopodiché Marjana potrà tornare nei Balcani. Ad attenderla ci saranno i tanti amici e parenti che in segno di dolore negli ultimi giorni su Facebook hanno cambiato la loro immagine del profilo, sostituendola con un nastro nero listato a lutto e la scritta «Zoti ju forcoft e krishti e past ne parriz», la frase più utilizzata in Albania, al pari del nostro «Riposa in pace» per esprimere il proprio cordoglio e affidare al cielo le preghiere per la persona scomparsa.
Resta nel frattempo in carcere il marito, che è difeso dall’avvocato Alberto Talamone, dilaniato dal rimorso e tuttora incapace di fornire un movente plausibile per l’atrocità commessa sotto gli occhi del figlio di tre anni.
«La amavo moltissimo, era una donna meravigliosa, non mi ha mai dato modo di dubitare di lei», ha ripetuto ancora venerdì mattina davanti al gip Patrizia Nobile, raccontando per l’ennesima volta che l’uxoricidio è stato compiuto dopo una tranquilla serata come mille altre davanti alla televisione. Carabinieri e pm continuano a scavare nella vita della coppia alla ricerca di un perché.