«Chiedo a Lei Presidente, da donna a donna, quanto dovremo subire ancora per avere verità e giustizia?». È un passaggio della lettera che Lucia Uva, sorella di Giuseppe, il quarantatreenne che nel giugno del 2008 morì in ospedale, ricoverato per un Tso, dopo un passaggio nella caserma dei carabinieri a causa di un piccolo atto vandalico, ha scritto al presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini. Un grido d’aiuto, la richiesta di una parola di «conforto» dopo le polemiche di questi giorni (Lucia ha pubblicato sul suo profilo Facebook una foto di uno dei poliziotti sotto processo per la morte del fratello, così come aveva fatto in precedenza Ilaria Cucchi). E la denuncia di una non meglio precisata «violenza psicologica da parte di militari e poliziotti coinvolti nei processi relativi alla morte dei nostri cari» di cui la donna sarebbe stata vittima così come altre sorelle, madri e figlie di presunte vittime dello Stato. Anche con una critica a Matteo Salvini, schieratosi a fianco dei carabinieri pure lui via Facebook.
«Gentile Presidente della Camera Laura Boldrini, mi rivolgo a Lei in quanto circa due anni fa lei ci volle ricevere - scrive Lucia Uva -. Accompagnate dal professor Luigi Manconi, io, Ilaria Cucchi, Patrizia Aldrovandi, Claudia Budroni, Grazia Serra, Domenica Ferrulli e altri famigliari di vittime dello Stato abbiamo avuto l’occasione di parlare con Lei. Le raccontammo la nostra pena, il nostro bisogno di verità e giustizia. Oggi mi rivolgo ancora a Lei e a tutte le Deputate e Senatrici chiedendo di spogliarvi dei vostri abiti parlamentari per riconoscervi come madri, sorelle e figlie per capire il nostro strazio e la sete di giustizia che ci accomuna».
Quindi un riferimento alla vicenda delle foto di indagati e imputati date in pasto al popolo dei social network: «La mia solidarietà verso Ilaria Cucchi è la stessa che ho dato a Patrizia Moretti e che darò in futuro a tutte le mie sorelle. Provo sdegno e umiliazione nel sentire le dichiarazioni del segretario della Lega Nord Matteo Salvini e di altri politici che non conoscono nulla dei processi che ci riguardano e tuttavia si sono permessi di offendere noi e i nostri cari. Cito le testuali parole di Matteo Salvini sul post pubblicato in Facebook rivolto a Ilaria Cucchi: “Il post su Facebook? Mi fa schifo, si vergogni. Il carabiniere fa bene a querelarla”».
Quindi il riferimento a quella violenza psicologica che di sicuro negli ultimi anni non è stata prerogativa di una sola parte: «Vorrei ricordarle, cara Presidente Boldrini, che da anni noi vittime subiamo violenza psicologica da parte di militari e poliziotti coinvolti nei processi relativi alla morte dei nostri cari, senza che si alzi una voce autorevole delle istituzioni dello Stato a nostra difesa. Chiedo a Lei Presidente, da donna a donna, quanto dovremo subire ancora per avere verità è giustizia? Noi continueremo a batterci, finché ci sarà consentito, nelle sedi appropriate, i tribunali, affinché sulle sofferenze patite dai nostri cari e sulla loro morte non cada l’oblio, ma una Sua parola ci sarebbe di grande conforto».
E a proposito di «sedi appropriate», va ricordato che a partire dal prossimo 15 gennaio il processo per la morte di Giuseppe Uva davanti alla Corte d’Assise di Varese, a carico di due carabinieri e sei poliziotti, accusati tra l’altro di omicidio preterintenzionale, entrerà nella fase finale. Quel giorno è in programma la requisitoria del pubblico ministero.