Non è innocentista, non è colpevolista, non vuole entrare nel merito delle indagini né del procedimento che sta occupando giornali e tv di tutto il Paese. Ma Enrico Tediosi, storico presidente del Cenacolo dei poeti dialettali varesini, ci tiene a ricordare lo Stefano Binda che conosce da anni. Non quello rinchiuso nel carcere di San Vittore a Milano, dopo il trasferimento dai Miogni, con l’accusa di aver ucciso a coltellate 29 anni fa l’amica Lidia Macchi, ma quello innamorato del teatro dialettale e della cultura varesina. Una passione coltivata fin dall’adolescenza, come racconta lo stesso Tediosi, che in particolare fra il 2004 e il 2006 ha diviso spesso il palcoscenico con lui nelle serate varesine tra oratori e piccoli teatri di provincia.
«So che Stefano ha iniziato a recitare nelle compagnie locali a soli 12 anni, io l’ho conosciuto quando era già adulto, ma di certo non posso riconoscere in lui quel mostro che certi media dipingono in questi giorni - racconta lo scrittore bosino -. Quando abbiamo appreso la notizia del suo arresto tutto il nostro mondo è come caduto dalla sedia. Siamo sconvolti, sotto choc. Noi conosciamo un altro Stefano: una persona mite, intelligente, è vero con una cultura sopra la media, ma di certo non l’intellettuale maledetto di cui tanti parlano».
Articolo completo sulla Prealpina del Lunedì dell’1 febbraio.