Non lo trovavano. E per almeno sei ore sono andati avanti a cercarlo.
"Non può averci piantato qui Michele". "Michele è un ragazzo serio". Michele lavora e lo fa come si deve". "Dove sarà finito?". "Dai Michele, vieni fuori che è ora di tornare a Bergamo".
Dove fosse finito Michele l'hanno scoperto i carabinieri, allertati dai suoi colleghi dopo oltre sei ore di ricerche.
Tutti operai edili, tutti dipendenti di una ditta di Bergamo che si sta occupando della manutenzione del cementifiio Holcim, con l'impianto ancora chiuso per ferie.
Michele non poteva rispondere a tutti quei richiami, perché era morto.
Morto sul colpo, pensavano senza osare dirlo, giovedì sera, i suoi colleghi distrutti dl dolore.
Immaginarsi anche la pena di un'agonia dopo il volo nella vertigine di cinque piani dentro il vano di un ascenesore e lo schianto che tramortisce, è crudeltà. Inutile.
Michele Franchini è morto così. Volando nel vuoto per più di quindici metri. Lasciando i suoi vent'anni nei ricordi di chi l'ha conosciuto, nella sua Stezzano, dove viveva coi genitori e dove aveva un fratello trentunenne, e non solo lì. Michele rimarrà anche nel sorriso delle fotografie che lo immortalano sui social: con gli amici, nell'ultima uscita per un bagno in compagnia. Con la ragazza, un istante prima del bacio.
Michele era un operaio edile e quel che è successo il pomeriggio di giovedì 27 agosto - s'ipotizza verso le quattro - è qualcosa d'inimmaginabile per chi conosceva il ragazzo.
Imprudenza?
"No - assicura chi lo conosce -. Michele non avrebbe mai lavorato senza sicurezze nel vano di un ascensore".
Guasto, distrazione. Per quel che può importare a chi amava Michele, pensarenno i carabinieri accorsi con vigili del fuoco e ambulanza a ricostruire la dinamica dell'inicidente. Il resto è sgomento, acuito dal fatto che Andrea aveva vent'anni ed è morto mentre si guadagnava lo stipendio.
Ampi servizi sulla Prealpina di sabato 29 agosto.