«Io e Deborah siamo solo amici, siamo usciti insieme solo una volta, tre mesi fa, e abbiamo preso un caffè. Con lei non ho nessuna relazione sentimentale e per questo sono rimasto sorpreso quando il suo ex fidanzato mi ha aggredito nel supermercato: pensi che ero convinto, ingenuamente, che fosse passato dal bancone della gastronomia per salutarmi... La sua gelosia è ingiustificata». Alessandro Brianza è il ventiduenne varesino che venerdì pomeriggio si è preso una coltellata alla guancia da un diciottenne nel supermercato Famila di viale Valganna. Momenti drammatici, tra grida, sangue e confusione. Ma il giorno dopo nella redazione della Prealpina appare calmo e misurato, nonostante la vistosa medicazione che gli attraversa la faccia.
Alessandro, che lavora al Famila da quanto il “super” ha aperto, tre anni fa, vuole raccontare la sua verità sull’aggressione. Mentre tocca allo zio Antonio, che lo accompagna, esprimere le perplessità della famiglia sulla vicenda dal punto di vista giudiziario. La Polizia di Stato e la Procura di Varese non hanno arrestato il diciottenne con il coltello perché l’accusa nei suoi confronti è solo quella di lesioni lievi (20 i giorni di prognosi per il ferito) con l’aggravante dell’uso di un’arma impropria: un reato per cui l’arresto è facoltativo e per il quale non si poteva pensare a una custodia cautelare lunga più di una notte (per di più ai domiciliari), anche perché il feritore è un incensurato, si è scusato e si è detto pentito, tornando poi a casa nella stessa serata di venerdì con i genitori.
«Per me resta un elemento pericoloso - commenta dunque zio Antonio - e se questa è la legge mi chiedo che tutela ha il cittadino da una legge come questa. Noi siamo preoccupati, perché quel ragazzo è libero e potrebbe riprovarci. Ricordiamoci che non ha avuto uno scatto d’ira: è uscito di casa con il coltello in tasca perché voleva fare quello che ha fatto». Tornando all’aggressione, è Alessandro a raccontare quello che è successo venerdì pomeriggio intorno alle sei dentro il Famila: «All’inizio non ha detto niente, ha superato il bancone e si è avventato contro di me urlando “Ti ammazzo, mi hanno detto che sei andato a letto con Deborah, ti do fuoco!”. Quindi mi ha colpito alla guancia prima che potessi reagire, ho sentito una fitta a sinistra e ho subito notato che perdevo tanto sangue: l’ho visto anche a terra».
A quel punto il diciottenne ha puntato il coltello alla gola di Alessandro e ha iniziato a premere forte, sempre più forte. Ma proprio in quel momento è intervenuto un cliente sconosciuto, sui 40-45 anni, che ha allontanato l’aggressore tirandolo per un braccio, racconta ancora la vittima: «Lui cercava di divincolarsi dalla presa per tornare a colpirmi, ma per fortuna quella persona ci ha messo tutte le sue forze, è riuscito a farlo desistere dalla sua follia e a farlo scappare». «Follia»: Alessandro usa proprio questa parola perché non riesce a comprendere il motivo di tanta rabbia: «Ripeto, io e Deborah siamo solo amici e siamo usciti quando lei aveva lasciato il suo ragazzo già da mesi. Io lo conoscevo solo di vista, non sapevo nemmeno il suo nome e prima non mi aveva mai minacciato».
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