Incidente probatorio e udienza di convalida in una sola mattina: è una corsa contro il tempo quella degli inquirenti per stringere il cerchio intorno a Park Dahee, accusato di aver buttato dalla finestra la novella sposa, durante la luna di miele. Lunedì il gip Patrizia Nobile ha cristallizzato le testimonianze chiave di chi, mercoledì sera, avrebbe visto il coreano defenestrare Aan Jung He.
Si tratta di una coppia di connazionali e di due schermitrici ucraine che, alle 13.30, sono riusciti finalmente a prendere il volo verso casa, dopo quattro giorni di soggiorno forzato a Busto. Sta di fatto che i quattro hanno ribadito quanto raccontato ai carabinieri durante la lunga nottata trascorsa all’Ibis: «Abbiamo sentito urla fortissime provenire dalla loro camera, poi le grida della donna che sembrava chiedere aiuto, quindi ci siamo sporti per guardare cosa stesse succedendo. La coreana era aggrappata alla finestra e in quel momento l’uomo l’ha spinta giù».
Martedì 24 il medico legale Maria Luisa Pennuto eseguirà l’autopsia sul corpo della quarantottenne e forse l’analisi dei traumi riportati nell’impatto con l’asfalto potrà dare qualche chiarimento in più in ordine alla dinamica. Ma è chiaro che l’elemento più forte in mano alla procura siano le dichiarazioni di chi sostiene di aver assistito al delitto in diretta. Park Dahee - che è assistito di fiducia dagli avvocati Daniela Quatraro e Guido Camera - si è però difeso. Lo ha fatto in caserma a Gallarate, davanti al procuratore capo Gianluigi Fontana, all’aggiunto Giuseppe D’Amico e al pubblico ministero Maria Cardellicchio, e lo ha fatto durante l’interrogatorio di lunedì, sebbene formalmente si sia avvalso della facoltà di non rispondere. «Sono affranto per quel che è accaduto e la mia volontà è quella di collaborare e spiegare, ma non prima di aver capito cosa mi venga contestato», ha confidato. Già, perché la barriera linguistica è immane.