Quindici anni e tre mesi di carcere. È stata messa la parola fine dalla Corte di Cassazione alla vicenda processuale del maresciallo Massimo Gatto, l’ex comandante pro tempore della stazione dei carabinieri di Parabiago, arrestato nel giugno del 2011 per una dozzina di episodi di violenza sessuale ed altrettante concussioni sessuali. Il secondo passaggio dinanzi alla Suprema Corte ha certificato il lieve ritocco al ribasso della pena originaria (che era 16 anni e un mese) già disposto nel processo d’appello bis del novembre scorso, al termine del quale un episodio di concussione è stato escluso e un altro derubricato (nel reato di induzione indebita a dare o promettere utilità).
Confermati dalla Cassazione anche tutti i risarcimenti a carico delle parti offese costituitesi parte civile contro il maresciallo (tuttora sospeso), ritornato in carcere alla vigilia di Pasqua del 2015 (ora si trova nella casa di reclusione di Bollate). Sette parti offese private più il Ministero della Difesa, si sono viste riconoscere un risarcimento complessivo di 320 mila euro. Di questi 50mila dovranno finire nelle casse del dicastero del governo italiano preposto all’amministrazione militare e civile della difesa, perché con i suoi comportamenti il militare ha arrecato un danno di immagine enorme all’Arma. Unico, invece, il responsabile civile: il Ministero dell’Interno (l’unica parte civile ad avere chiamato in giudizio anche Viminale, si vedrà versare un risarcimento di 30 mila euro). Una curiosità: fino ad oggi Gatto non ha risarcito nessuna delle vittime, poi parti offese. Nella maggioranza dei casi, donne entrate nella caserma dei carabinieri di Parabiago per sporgere denuncia o perché denunciate; o, molto semplicemente, per rinnovare dei documenti o per fare delle visite di cortesia. Dall’amica di famiglia alla escort inserita nel giro dell’imprenditore barese Tarantini passando per la giovanissima ladra polacca molestata pesantemente dal militare dell’Arma mentre era in cella di sicurezza prima di essere trasferita a Milano.