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«Al Sass Pinì per conoscere l’assassino»

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«Al Sass Pinì per conoscere l’assassino»

La scena del delitto Macchi dimenticata dalla Procura Generale di Milano? Assolutamente no. Nel novembre scorso, in due diversi momenti - di giorno e di notte -, il criminologo assoldato dal sostituto procuratore generale Carmen Manfredda, il medico varesino Franco Posa, si è recato sul posto in perfetta solitudine così da effettuare un approfondito sopralluogo.

Un sopralluogo «dettato da una mia necessità scientifica», confida Posa, artefice di un’innovativa rilettura in chiave neuroscientifica dell’efferato omicidio del Sass Pinì, funzionale a interpretare il comportamento e le capacità cognitive, comportamentali e sociali e, perché no, di scrittura di Stefano Binda, ovvero di colui che la Procura Generale di Milano ha indagato e fatto arrestare ritenendolo l’assassino di Lidia Macchi. In altre parole, «ho provveduto a tracciare una ricostruzione dal punto di vista criminologico della scena del crimine, con l’aggiunta di dettagli non disponibili nel 1987». L’operazione sembra aver prodotto gli effetti sperati: «Dall’ispezione in prima persona ho potuto trarre valutazioni criminologiche a mio avviso molto utili, di cui ovviamente non è possibile parlare essendo ancora in fase di indagini».

È chiaro comunque che le valutazioni del dottor Posa confluiranno nel corpus via via sempre più voluminoso delle indagini condotte dal sostituto pg Manfredda e dal suo staff investigativo. Nemmeno per il criminologo della Procura Generale, così come era già successo per l’avvocato Daniele Pizzi, il legale della famiglia Macchi - al Sass Pinì per indagini investigative a febbraio e sabato scorso -, è stato facile individuare il punto esatto in cui tre ragazzi del gruppo di Cl di Varese scoprirono il cadavere della povera studentessa di Casbeno. «Avevo in mano le fotografie acquisite agli atti a suo tempo», racconta Posa. «Inoltre, mi sono procurato le immagini satellitari di fine anni Novanta (quando ancora la collina del Sass Pinì non era stata tagliata a metà dalla provinciale Cittiglio-Caravate, ndr) che ho installato sul mio iPhone e da lì sono partito alla ricerca del punto dove si è consumato l’evento delittuoso. Comunque non è stato facile trovare il luogo del delitto - delitto caratterizzato da una suggestiva sequenza di colpi a tripletta che denotano uno specifico stato psichiatrico dell’omicida -, perché tutto è cambiato e la vegetazione ha preso il sopravvento».

Perché recarsi al Sas Pinì anche di notte? «Non dimentichiamoci che il delitto fu consumato a luce notturna», precisa il criminologo varesino. Per poi proseguire: «Volevo accertare di persona l’attendibilità di alcune visioni evocate dallo scritto anonimo ricevuto dalla famiglia Macchi (la poesia “in morte di un’amica” ora attribuita da una perizia grafologica a Binda, ndr). Visioni che riportano a una certa oscurità, ma anche a un’apertura del cielo, di cui ho voluto verificare la proiezione. Inoltre, l’accertamento è stato utile per determinare l’esatta posizione geografica e lo stato dell’umidità e della temperatura notturna in periodo invernale».


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