Il colpo di scena è arrivato intorno all’una di martedì 5 luglio: la grande accusatrice dei giovani latinos, alla sbarra per uno stupro consumato al museo del tessile, si è seduta davanti ai giudici e ha ritrattato tutto: «Ero arrabbiata con il mio fidanzato, l’ho fatto per ripicca».
Risultato?
Al termine della requisitoria il pubblico ministero Maria Cristina Ria ha chiesto l’assoluzione dei due giovanissimi imputati per insufficienza di prove e il collegio presieduto dal giudice Renata Peragallo ha accolto la richiesta, assolvendo i ragazzi di origine sudamericana anche dal reato di produzione di materiale pedopornografico.
Il fatto non sussiste.
L’avvocato Amanda Gugliotta, che tanto si è battuta per dimostrare l’innocenza dei suoi assistiti, alla lettura del dispositivo ha abbracciato i ragazzi commossa.
«Giustizia è fatta» ha commentato. Impietrita la madre della falsa vittima, assistita dall’avvocato Andrea Febbraroche, invece, aveva chiesto di riconoscere la penale responsabilità dei due ventiduenni, ritenendo la deposizione della diciassettenne non attendibile. Ma d’altro canto anche a lui il quadro personologico dell’adolescente è chiaro: carenze affettive, metodi educativi a dir poco severi (la mamma è stata accusata di abuso di mezzi correttivi), assenza di una figura paterna. Non è strano che con simili disagi psicologici l’allora quattordicenne abbia ingigantito, se non trasformato, la realtà dei fatti.
La sentenza si rivelerà fondamentale anche per il fidanzato della sudamericana: non aveva ancora diciotto anni all’epoca e quindi la sua posizione pende davanti al tribunale dei minori.
L’avvocato Roberto Donetti, che lo ha sempre difeso strenuamente, ora si trova la strada spianata.
Articolo completo sulla Prealpina di mercoledì 6 luglio.