Rispetto al casermone di via Dei Mille - dove i profughi alloggiano da oltre un anno, sono diventati più di 110 e attirano polemiche a fiumi - in città c’è un secondo centro di accoglienza che si muove sul fronte dell’emergenza. L’esperienza è quella di Casa Onesimo, dove l’approdo di stranieri in fuga dall’Africa è passato sotto silenzio: un po’ perché i posti a disposizione sono solo venti, un po’ perché in realtà l’attività a sostegno dei richiedenti asilo avviene da lunga data e ora ha solo cambiato pelle, un po’ perché l’anima che sta alle spalle del progetto è meno slegata dal contesto cittadino di quanto non sia all’ex-Enel. Fatto sta che ora anche gli ultimi tre letti liberi in via Lega Lombarda sono stati occupati. Infatti, chiuso il progetto storico che nella stessa Onesimo si protraeva da tanto tempo in collaborazione con Volgiter (quindi accogliendo non solo asilanti, ma anche ex-detenuti), da metà giugno le cose sono un po’ cambiate. A prendere in gestione il sistema dell’accoglienza è entrata la cooperativa Intrecci, che di esperienza nell’universo profughi ne sta accumulando, così come la regia è uscita dall’orbita della prefettura di Milano per entrare in quella di Varese.
«Ci siamo messi in gioco e devo dire che finora la situazione, in queste prime settimane, è sempre stata tranquilla», racconta Marco Piccione, educatore che per Intrecci segue in prima persona la quotidianità di questi ospiti che hanno iniziato un percorso in Italia che - dopo la fotosegnalazione e la compilazione del modulo con storia personale e volontà di ottenere l’asilo - ora devono attendere di essere convocati dalla commissione di valutazione, per esaminare nel dettaglio le loro credenziali. Che possa finire meglio di molti “colleghi” di via Dei Mille (su 50 casi esaminati ci sono state 47 bocciature, con successivo ricorso dei presunti clandestini al tribunale ordinario) è difficile da pronosticare, anche se si può immaginare che la media dei responsi positivi non si allontanerà. Intanto le loro giornate, trascorse in attesa di giudizio, si riempiono col corso di italiano mattutino e con la trafila delle visite mediche. Anche in via Lega Lombarda il sistema si regge sul contributo quotidiano dello Stato di circa 35 euro a ospite, che la cooperativa è chiamata a reinvestire nel mantenimento e nella mediazione culturale. «Da parte nostra - riprende Piccione - quello che vorremmo chiedere al territorio è di farsi avanti con le collaborazioni. Non è un discorso di aiuti economici, bensì di presenze e di proposte volontaristiche che possano consentire a questi ragazzi di inserirsi nel segno di una vera integrazione. Perché se c’è confronto e dialogo, sicuramente si possono generare opportunità e motivazioni che fanno bene a loro e a chi si trova a convivere nella stessa terra. Intanto il clima nella struttura è propositivo e tranquillo».
Certo a questo punto non resta che verificare come procederanno le cose, quali saranno le reazioni - pure politiche - al sold out di un secondo centro di accoglienza che, per quanto di dimensioni contenute (e quindi meno problematico e più controllabile), comunque spinge Busto sempre più saldamente in vetta alla classifica provinciale dell’emergenza, con un totale di oltre 130 persone in cerca di un futuro migliore. Al di là del fatto se siano “ufficialmente” in fuga dalla guerra o semplicemente dei disperati saliti sui barconi della speranza.
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Busto capitale dell'accoglienza
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