Un’odissea giudiziaria - con sequestro dell’auto, dissequestro, denuncia penale e processo, fortunatamente a lieto fine - per due taniche di benzina da venti litri l’una. È surreale quello che è successo negli ultimi venti mesi a una coppia di varesini - due sessantenni, marito e moglie, lui non vedente e invalido al cento per cento - a causa di un fatto all’apparenza banale: all’inizio dell’anno scorso i due avevano deciso infatti di andare a fare benzina in Svizzera, come tanti concittadini, e al distributore avevano riempito non solo il serbatoio dell’auto, ma anche le due taniche, per fare il pieno in seguito anche a un tosaerba. Di qui un procedimento penale, con un’accusa di “contrabbando” di carburante, o meglio di mancato pagamento dell’accisa su un prodotto acquistato «per fini commerciali». E di qui un processo che per fortuna si è concluso nel migliore dei modi per la moglie, che guidava l’auto: sulla base della più recente normativa il giudice ha stabilito infatti la non punibilità dell’imputata, difesa dall’avvocato Paolo Bossi, «per la particolare modestia del fatto» (in teoria la donna rischiava la condanna a una pena dai sei mesi di carcere ai tre anni, e anche il pagamento di una multa non inferiore ai 7.500 euro). Una norma sensata, insomma, ha rimesso a posto una situazione che si era creata sulla base di un’altra norma che in questo caso è un po’ difficile non definire insensata, e più precisamente sulla base degli articoli 10 e 11 del Decreto legislativo 504 del 1995 sulla "Circolazione di prodotti assoggettati ad accisa, già immessi in consumo in altro Stato membro e acquistati da privati", decreto che in realtà non innova più di tanto norme che risalgono agli anni Trenta.
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