Sono ottantatré i beni confiscati alla mafia nel Varesotto. E la provincia bosina è al terzo posto a livello regionale in questo allarmante primato. Viene infatti dopo Milano e Brescia. Tra aziende e immobili, infatti, sono 1.266 i beni sottratti alla criminalità in Lombardia, prima regione del Nord e quinta nella Penisola per beni tolti alla “piovra”.
E’ il dato che emerge da un’analisi condotta da Coldiretti regionale su dati Anbsc in occasione dell’incontro su corruzione e agromafie che si è appena svolto a Expo nel padiglione Coldiretti “No farmers no party” . «A presentare i dati a Milano vi era anche Giancarlo Caselli - dice Francesco Renzoni, direttore di Coldiretti Varese - tra l’altro ex procuratore capo a Palermo, e ora presidente del comitato scientifico della fondazione Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare voluto dalla Coldiretti per creare un sistema coordinato di controlli finalizzato a smascherare i comportamenti illeciti». Perché un osservatorio che studi il legame tra criminalità organizzata e cibo e settore agroalimentare? «Perché vi sono modalità subdole di infiltrazione della mafia - prosegue Renzoni - anche se devo dire che a Varese finora non abbiamo ricevuto segnalazioni, da parte dei nostri associati, di pressioni da parte di personaggi che possano essere legati alla mafia e inoltre non vi sono fenomeni recenti e ingenti di caporalato nell’agricoltura, anche per la tipogia delle nostre produzioni che non si prestano, per fortuna, a speculazioni pericolose».
A livello italiano, il business dell’agromafia ha raggiunto i 15,4 miliardi di euro lo scorso anno. Lo dice appunto il terzo rapporto Agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura.
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La piovra abita (anche) qui
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