Dopo i nigeriani, a Gallarate si erge anche il lamento dei profughi senegalesi, vicini al connazionale Aladji Kalidou Barry venuto a mancare lunedì poche ore dopo essere stato dimesso dall’ospedale. Un episodio che ha fatto clamore: il trentasettenne, uno dei profughi ospitati a Somma Lombardo dall’azienda di Katiusha Balansino, si era diretto in stazione per tornare nella struttura in cui vive ma si è sentito nuovamente male, e quando l’ambulanza è intervenuta era ormai troppo tardi. Così giovedì 5 è partita una rivolta silenziosa, che ha voluto porre l’attenzione sul problema delle condizioni di salute in cui vivono i profughi della zona.
Una cinquantina di uomini e donne senegalesi, tra cui anche alcuni membri dell’associazione Assvp (associazione dei senegalesi e simpatizzanti di Varese e provincia), si sono ritrovati prima in stazione, dove hanno atteso alcuni parenti dell’amico scomparso e un inviato della rete nazionale Diaspora 24 Tv, per dirigersi poi in ospedale dove si trova tutt’ora la salma (che dovrebbe venire imbarcata per il Senegal nei prossimi giorni per la cerimonia funebre). Oltre al cordoglio, la giornata è stata un momento di riflessione per esprimere un disagio già manifestato nei giorni scorsi, quando venti nigeriani ospiti dell’azienda di Balansino in via Beccaria si erano recati in Comune per lamentarsi della loro condizione di isolamento. Colpa non del gestore, come aveva tenuto a sottolineare allora lo stesso assessore ai Servizi sociali Margherita Silvestrini, ma della mancanza di un’associazione di volontariato che lo affianchi per organizzare lavori socialmente utili, corsi e opere di volontariato. Il caso dei senegalesi di Somma è però ben più grave: il problema qui si allarga all’attenzione sullo stato di salute degli ospiti, che dovrebbero essere costantemente monitorati ma, secondo alcuni, non lo sono abbastanza.
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Muore profugo, scatta la protesta
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