Si è chiuso il bando di gara per i lavori di realizzazione del parcheggio di via Sempione, un grande progetto per la creazione di oltre 300 posti auto in “multipiano”. Al bando hanno risposto numerose imprese e nei prossimi giorni la commissione individuerà chi si aggiudicherà i lavori. La procedura si concluderà entro settembre. «Prosegue il percorso per la realizzazione del parcheggio di via Sempione fortemente voluto da questa amministrazione. Un parcheggio atteso dalla città e in particolare dal commercio varesino - ha detto l’assessore alle Attività produttive Ivana Perusin -. Adesso, prima che inizino i lavori, insieme ai commercianti e ai cittadini decideremo quale è il momento migliore per aprire il cantiere in modo da diminuire al minimo i disagi per tutti».
Parcheggio, chiuso il bando
Torna la Carlo Banfi: Omsg la compra
Ha ragione Enzo Dell’Orto, l’amministratore delegato di Omsg, di affermare, all’indomani dell’acquisizione del brand Carlo Banfi, «La storia siamo noi», ma è anche consapevole che totalizzare 135 anni di esperienza, fra le due imprese un tempo concorrenti, significa ipotecare il futuro. Altrimenti Omsg, sede a Villa Cortese e stabilimenti a Dairago, in Germania e Francia, non avrebbe messo gli occhi fin dagli anni Novanta sulla rivale nel settore della granigliatura e degli impianti di sabbiatura in Italia.
«La firma dal notaio è di giovedì scorso –prosegue Dell’Orto–; ci siamo aggiudicati il brand alla seconda asta per 700mila euro (sei i concorrenti ndr), dopo che, fin dal settembre 2015, abbiamo provato una trattativa che non ha però avuto buon esito». La Carlo Banfi era nel mirino di Omsg già nel 2010, quando fallì lo storico marchio di Rescaldina, ma fu la Imf di Luino ad aggiudicarsela. La Imf è fallita nel 2016 e adesso la Banfi torna nel suo territorio.
«Quando la Banfi fu acquisita non da una concorrente ma da un’azienda il cui business era basato sugli impianti di fonderia molti pronosticarono per Omsg via libera sul mercato –ricorda Dell’Orto–; in realtà le cose non andarono così. Avere un concorrente di pari livello aiutava nei confronti dei clienti; competere in Italia con realtà più piccole significò dover spiegare sempre la diversità nelle offerte, quindi il mercato si è complicato».
In questi anni le potenzialità del brand Banfi sono state utilizzate limitatamente alle applicazioni in fonderia, che non rappresentano più un business così interessante in Italia. Omsg e Banfi sono sempre state aziende simili per fatturati (intorno al 2010 da 15 -17 milioni di euro), numero di dipendenti (una settantina oggi in Omsg, altrettanti sette anni fa in Banfi) e produzioni, pur con diversi punti di forza.
«Eravamo come i Beatles e i Rolling Stones della granigliatura in Italia –scherza Dell’Orto–; questa acquisizione è strategica sotto ogni punto di vista. I vantaggi sono il consolidamento del mercato e l’acquisizione di clienti della Banfi; perché oggi la maggiore difficoltà sta proprio nel farsi accogliere dai clienti, che si rivolgono a te soltanto in caso di acquisto. Le referenze della Banfi ci apriranno moltissime porte; avremo così la possibilità di farci conoscere e di fidelizzare i nostri interlocutori».
Servizio completo sulla Prealpina di martedì 20 giugno
Licei, nessun bocciato. O quasi
L’epoca della mannaia che si abbatteva puntuale sugli studenti delle medie superiori di Varese e provincia sembra ormai sepolta negli archivi.
I tabelloni di fine anno scolastico affissi in questi giorni alle porte degli istituti affermano una tendenza a bocciare meno, con punte medie del 3 o al massimo 4 per cento fra liceo scientifico e liceo classico (dato che però è fisiologico per questo genere di indirizzi) e del 15, 20 % nelle altre scuole superiori.
«E’ il risultato del lavoro di équipe sempre più preciso svolto nei consigli di classe durante tutto l’anno» affermano i dirigenti degli istituti tecnici e professionali del capoluogo, quelli storicamente in genere più colpiti dalle bocciature.
Non mancano però alcune eccezioni di segno decisamente negativo.
Qualche esempio: all’Isis Newton le classi prime fanno registrare il 24 per cento di non ammissioni, che salgono al 32 per cento nelle seconde e al 36 nelle quarte, dato quest’ultimo più significativo proprio perché si tratta di classi quasi al termine del percorso di studi.
Sempre al “Newton” devono essere segnalati una prima classe del corso Meccanica con soli cinque promossi, nove promossi con debito ed altrettanti non ammessi su 23 iscritti.
Da registrare anche una situazione preoccupante anche per una prima a indirizzo musicale dell’istituto Manzoni: su 26 allievi sono stati allineati 10 promossi, 5 bocciati, 11 sospesi. Ma, come detto, si tratta di casi meno frequenti che in passato e che indicano forse una certa “leggerezza” nelle scelte di chi esce dalle medie inferiori.
Dallo Scientifico il preside Giuseppe Carcano, dal Classico Salvatore Consolo, dall’Einaudi Marina Raineri commentano «un anno scolastico senza gravi problemi e con un andamento degli scrutini più positivo che in passato».
Servizio completo sulla Prealpina di martedì 20 giugno
Rimossa la gru ribaltata: «I tempi non cambiano»
È stato rimosso lo scheletro della gigantesca gru che lo scorso 9 maggio si era ribaltata nel cantiere della ferrovia Arcisate-Stabio, trascinata a terra dalla sesta campata del viadotto della Bevera. Dopo i rilievi sull’incidente e un altro periodo in cui si è studiato il metodo per la rimozione, ora l’area nei pressi della galleria di Gaggiolo è stata liberata. La gru è stata portata via mentre, a terra, nella stessa posizione in cui si era schiantato al suolo da un’altezza di una decina di metri, giace ancora il pezzo di ponte.
Intanto, come comunicato da Rfi, tutt’attorno i lavori proseguono negli altri chilometri di cantiere ma è chiaro che, prima o poi, bisognerà montare le ultime due campate di completamento del viadotto. Specialmente la sesta, quella caduta, è quella più in alto di tutte e, chiaramente, è anche quella complicata da installare. Innanzitutto bisognerà capire se il pezzo caduto potrà ancora essere utilizzabile e, in tal senso, Rete Ferroviaria Italiana ha affermato che «con il supporto di Italferr, la società di ingegneria del gruppo Fs Italiane incaricata della direzione lavori per l’opera, è stato riscontrato che la trave non presenta danni tali da pregiudicare il cronoprogramma dei lavori. Subito dopo la rimozione si procederà al riposizionamento a terra della campata e alle necessarie ulteriori verifiche prima del successivo varo». Quindi, salvo sorprese dell’ultima ora, resta confermato il 17 dicembre come data prevista per l’inaugurazione dell’opera.
Servizio completo sulla Prealpina di martedì 20 giugno
Hanno rubato la “brela”
Hanno agito probabilmente per puro vandalismo gli autori del furto di un pezzo di storia di Ispra e del lago Maggiore, furto avvenuto nella notte tra sabato 17 e domenica 18 giugno: sparita la “brela”. Si tratta della “lavatrice” degli anni ‘50, una specie di inginocchiatoio con un asse inclinato sul davanti con cui le donne lavavano i panni in riva al lago. A questo umile lavoro delle massaie l’Associazione “Amici della sponda Magra del Lago Maggiore” aveva dedicato un piccolo angolo della Ripa Solitaria di Ispra posizionando due anni fa una riproduzione in legno dello strumento con l’apposizione sul muro di una targa esplicativa di quel prezioso oggetto. Il furto è stato denunciato ai carabinieri. Renzo Agostini, assessore all’Ambiente del Comune di Ispra e presidente dell’Associazione laghista conferma: «Domenica mattina abbiamo avuto la brutta sorpresa del furto della brela»
Servizio completo sulla Prealpina del 20 giugno
Sacro Monte ripulito: Da Cai e migranti
Camminando lungo il viale delle Cappelle del Sacro Monte rumori di decespugliatori e tosaerba. La Via Sacra aveva bisogno di cure e lunedì a fornirle, mentre in vetta si apriva il cantiere per la messa in sicurezza della parete a lato della via del Ceppo, ha provveduto un insolito gruppo di giardinieri. Erano seniores del Club Alpino Italiano e migranti della cooperativa Ballafon.
Un mix di lavoratori curioso ma efficace e affiatato, che in poco più di mezza giornata ha ripulito da cima a fondo il percorso pedonale, tagliando l’erba e rimuovendo erbacce dai muri e dalle scale. Un lavoro che il Cai seniores di Varese ripete quattro volte all’anno dal 2010, che consente di risparmiare migliaia di euro di manutenzione e ai richiedenti asilo di dare il loro contributo alla comunità in cui vorrebbero stabilirsi. «Non è la prima volta che questi ragazzi vengono a darci una mano - ha spiegato Mario Zeni, consigliere della Fondazione Paolo VI, che si occupa tra le altre cose della manutenzione del Sacro Monte -. Ci stanno aiutando anche nella pulizia del verde attorno al Museo Pogliaghi, lo fanno volentieri e noi cerchiamo di aiutarli a integrarsi in ogni modo».
Servizio completo sulla Prealpina di martedì 20 giugno
Bmw ripescata nel Villoresi
Il primo a notare quell’auto adagiata sul fondo del Canale era stato un volontario della protezione civile, che subito aveva pensato a un incidente. Verso le 17 del 19 giugno è quindi partito l’allarme alla polizia locale, che verificata la segnalazione non ha potuto fare altro che telefonare ai vigili del fuoco. Per risolvere il mistero dell’auto nel canale ci sono volute tre ore: il tempo che i sommozzatori si accertassero che nessuno era rimasto imprigionato dentro l’abitacolo, e che i pompieri posizionassero sul ponte una gru in grado di sollevarla e posarla sull’argine. Per tutta la durata dell’operazione, tre ore circa, via Gallarate è stata chiusa al traffico, con inevitabili disagi per migliaia di automobilisti. Difficile capire quando e come l’auto, una vecchia Bmw di grossa cilindrata, sia finita nel Villoresi. Nessuno ha visto nulla, si possono solo fare delle ipotesi: la più accreditata è che il veicolo sia stato buttato volontariamente in acqua da qualcuno che voleva disfarsene.
Vola dalla finestra. Gravissimo
La donna che se l’è visto piombare davanti allarga le braccia per mimare il gesto che non avrebbe mai voluto vedere: un uomo che precipita dalla finestra al primo piano della sua abitazione e dopo un volo in diagonale di circa tre metri, finisce a corpo morto sull’asfalto, battendo la testa e il torace.
Se la donna, che risaliva via Daverio verso la stazione di Trenord, non ha travolto quel corpo rimasto immobile sulla strada, lo si deve alla sua prontezza di riflessi e al fatto che la via fosse poco trafficata la mattina di oggi, martedì 20 giugno.
Verso le ore 9.30, la donna blocca l’auto e scende per soccorrere il ferito.
Non capisce che cosa sia successo lì per lì.
Ad aiutarla ci pensa chi la seguiva: un soccorritore del 118 che smontava dalla notte. Così il ferito, un trentaquattrenne italiano riapre gli occhi e tenta di muoversi ma la sua situazione appare subito grave per il trauma cranico e toracico rimediato nello schianto a terra.
Sul posto passa anche un’ambulanza che trasporta un’anziana: non è in emergenza, dunque si ferma e assiste il ferito prima che arrivino auto medica e un’altra ambulanza.
Il trentaquattrenne viene stabilizzato e trasportato d’urgenza al Pronto soccorso di Varese mentre i poliziotti della Squadra Volante, accorsi dalla vicina Questura, cercano di ricostruire l’accaduto, ascoltando i testimoni.
Intanto dall’ospedale di Circolo giungono notizie buone per sperare: pur nella gravità del quadro clinico - la prognosi è riservata -, la situazione si è stabilizzata.
Sulla mezzeria di via Daverio rimangono una macchia di sangue che non si riesce a lavar via, e la testimone oculare. Che davanti ai poliziotti racconta per l’ennesima volta quella scena scioccante. E apre le braccia come si fa quando si mima il gesto del volo.
Fiamme sulla Pedemontana
Fiamme sull’autostrada Pedemontana all’altezza di Cislago: oggi, martedì 20 giugno, alle 13.30 i vigili del fuoco del distaccamento di Saronno sono accorsi assieme ai colleghi di Appiano Gentile sulla corsia in direzione Como dove si era incendiato il cassone di un camion che trasportava carta destinata al riciclaggio. Si trattava infatti di un veicolo-compattatore grazie alla prontezza d’intervento dei pompieri, ma pure a quella del conducente del mezzo si sono evitati guai peggiori.
L’autista, infatti, visto dallo specchietto retrovisore il fumo che usciva dal cassone, ha subito accostato e prima di abbandonare il veicolo ha sganciato l’intero box sulla corsia di emergenza, in modo tale che il fuoco non arrivasse alla motrice del veicolo. Poi ci hanno pensato i vigili del fuoco, supportati anche da ulteriori rinforzi con un’autobotte; i danni sono apparsi infine piuttosto contenuti e circoscritti solo a qualche quintale di carta annerita.
Non è stato necessario chiudere l’autostrada, ma durante le operazioni di soccorso e messa in sicurezza si sono registrati rallentamenti. La situazione è poi tornata alla normalità nel pomeriggio.
A proposito di disagi autostradali, di ben altro tenore saranno quelli con cui si troveranno a fare i conti gli automobilisti che nelle prime ore di giovedì dovranno transitare sull’A8 in direzione di Milano: dalla 1 alle 5 infatti il tratto compreso tra Lainate e Fiera Milano resterà chiuso per consentire l’esecuzione di lavori di ampliamento alla quinta corsia. In alternativa è consigliato di percorrere la Provinciale 101 e la Statale 33 del Sempione.
I pullman dell’evasione
Dalle gite ai servizi di trasporto per anziani in località di vacanza. Di questo si occupa la società di trasporti, con sede legale nel Saronnese, che la guardia di finanza ha indagato per reati legati all’elusione fiscale.
Due persone - l’attuale e il precedente responsabile della società - sono così state denunciate per omessa dichiarazione fiscale e indebite compensazioni d’imposta, mentre sono stati accertate evasioni pari a 750mila euro, di cui 250mila a danno dell’Irpef e il restante a discapito dell’Iva. Non solo.
I finanzieri, al termine dell’indagine, hanno anche assoggettato a tassazione la cospicua somma di cinque milioni di euro di ricavi societari, altrimenti elusa.
In pratica s’è verificato che i due imprenditori emettevano regolari documenti fiscali senza però presentare alcuna dichiarazione, inoltrando al Fisco solo i modelli 770 relativi ai dipendenti.
Un adempimento solo formale - e qui sta la frode - perché, attraverso artifici contabili, i due responsabili ricavavano crediti d’imposta fasulli, messi poi a compensazione dei debiti che la società aveva con l’Erario e dovuti alle trattenute fiscali sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori, con l’ulteriore danno per l’Erario, imputabile alle ritenute dell’Irpef operate ma non versate per circa 250mila euro.
In questo modo, la società poteva permettersi di praticare prezzi più vantaggiosi e di avvantaggiarsi sulla concorrenza.
«Processate la coppia diabolica»
Il pubblico ministero Maria Cristina Ria ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio, per gli amanti diabolici Laura Taroni e Leonardo Cazzaniga si avvicina il giorno dell’udienza preliminare. L’intenzione della Procura era di comparire davanti al gup a luglio, bisognerà attendere che il giudice Luisa Bovitutti (a cui dovrebbe essere arrivato il fascicolo) fissi la data.
Come è noto si tratta del filone principale dell’operazione Angeli e Demoni, che il 29 novembre sconquassò la sanità locale con l’arresto del vice primario del Pronto soccorso e della compagna, l’infermiera che lavorava con lui.
Il rinvio a giudizio è stato chiesto anche per il primario Nicola Scoppetta - per il quale, dopo un iniziale periodo a piede libero sono stati disposti gli arresti domiciliari -, per l’ex direttore sanitario Roberto Cosentina e per altri dieci indagati, compresi i membri della commissione che giudicò il famigerato protocollo Cazzaniga.
I reati contestati in questa primo capitolo della saga ospedaliera riguardano le quattro morti in corsia (quelle di Giuseppe Vergani, Luigia Lattuada, Antonino Isgrò e Angelo Lauria) e l’omicidio del marito di Laura, Massimo Guerra, con tutte le postille annesse, quindi i referti falsificati e le lesioni.
«Non volevo ucciderli, soffrivano e somministravo i dosaggi di morfina che ritenevo alleviassero i loro dolori», spiegò Cazzaniga durante il primo e unico interrogatorio che rese, davanti al gip Luca Labianca. «Li accompagnavo nel passaggio», precisò quel giorno, dopo di che non ha mai più parlato. Aveva anzi impugnato la carcerazione davanti al tribunale del riesame, ma la mattina dell’udienza spiazzò tutti rinunciando al ricorso.
Sono ancora in corso invece le indagini sull’omicidio della mamma di Laura, Maria Rita Clerici, e sul suocero dell’infermiera, Luciano Guerra.
Al vaglio degli inquirenti, inoltre, ci sono le quaranta cartelle cliniche sequestrate dopo il blitz di fine novembre e ancora non è noto se da quella documentazione stiano emergendo altri decessi con causa dubbia.
Sul fronte della morte del suocero di Laura Taroni, invece, i periti - Cristina Cattaneo nominata dal gip, Francesco Introna consulente del pubblico ministero Ria e Luca Massaro nominato dall’avvocato di Cazzaniga, Elio Buffoli - hanno chiesto una proroga per il deposito degli esiti delle analisi sui resti. Avrebbero dovuto consegnarli all’inizio di giugno, ma serve ancora tempo. Il compito affidato al pool è accertare se il pensionato morì vinto dalla sua patologia tumorale o se invece fu una dose letale di Midazolam a ucciderlo.
A quanto pare Laura, che è difesa dall’avvocato Monica Alberti, avrebbe sempre negato un suo intervento nel decesso dell’anziano, come anche in quello della madre.
«Non volevo ucciderlo, non è mai stata quella la mia intenzione. Avvelenarlo sì, ucciderlo no. Volevo solo renderlo innocuo», si difese inoltre la donna durante l’interrogatorio dello scorso inverno parlando della morte del marito Massimo.
Non è un mistero che l’uomo la facesse vivere in un pesante clima di terrore e angoscia e anche di umiliazioni, date le sue particolari e pesanti inclinazioni sessuali. Per difendersi dalle sue angherie, quindi, Laura lo avrebbe placato con i farmaci prescritti per il diabete, malattia di cui però non soffriva, fino a condurlo alla morte.
Rapina all’Ubi: in ostaggio per un’ora
In ostaggio per quasi un’ora di due rapinatori disarmati e... cortesi.
L’avventura surreale è capitata nella filiale dell’Ubi banca di corso Italia, dove a mezzogiorno di oggi, martedì 20 giugno, due uomini, a volto scoperto e senza armi, hanno tenuto in scacco per oltre tre quarti d’ora una dozzina di persone - quattro dipendenti e i clienti -, prima di andarsene col cospicuo bottino.
Sul posto sono poi accorsi i carabinieri di Busto Arsizio, titolari delle indagini e sorpresi loro stessi dalle prime testimonianze: «I rapinatori non ci hanno torto un capello, anzi offrivano acqua a chi dava segni d’insofferenza o di malessere».
Ampio servizio sulla Prealpina di mercoledì 21 giugno.
Uccisi a Mestre. Vivevano a Gallarate
Biagio Buonomo e Anastasia Shakurova erano felici, innamorati, affermati nel campo professionale e aspettavano un bambino da cinque mesi. Erano di Mestre, ma da dicembre si erano trasferiti a Gallarate per ragioni di lavoro: il trentunenne era un ingegnere aerospaziale che collaborava con Finmeccanica-Aermacchi attraverso la controllata Superjet di Tessera.
Troppo poco tempo per stringere forti legami con il territorio e appena avevano un weekend libero tornavano in Veneto o a Sant’Arpino, in provincia di Caserta, terra natale di Biagio.
Però ci stavano provando a inserirsi nell’ambiente, li si vedeva passeggiare insieme, scambiare quattro chiacchiere con i vicini. La coppia, come è ormai noto, è stata trucidata l’altra notte a Mestre da Stefano Perale. Il cinquantenne è un docente formatore d’inglese e traduttore. Con Anastasia - origini russe, laureata e dipendente di una società di software - in passato aveva avuto una relazione sentimentale. Stando a quanto ricostruito dalla Squadra mobile di Padova, l’uomo era incapace di sopportare con rassegnazione la fine del loro amore e soprattutto l’idea che lei fosse felice con un nuovo compagno. Ma non l’ha mai dato a vedere con trasparenza. Anzi.
Ha teso un tranello agghiacciante alla coppia, invitandoli a cena come si fa tra amici.
È stato lo stesso Perale, in stato confusionale, a chiamare in piena notte la polizia e confessare: «Venite, ho ucciso due persone», ha detto alla centrale operativa. Quando gli agenti sono arrivati hanno trovato tracce evidenti della carneficina: una vasta macchia di sangue si allargava già all’ingresso del condominio.
A quanto pare il diabolico professore ha servito alla coppia bibite in cui ha mescolato una sostanza narcotizzante, e una volta resala inerme ha dato sfogo all’odio che covava.
Si è accanito prima sulla bella Anastasia, soffocandola in camera da letto, verosimilmente con un fazzoletto premuto a lungo sul volto, incurante della vita che la trentenne portava in grembo. Ha ucciso mamma e figlio, poi ha pensato a eliminare l’ingegnere che lavorava alla progettazione del Superjet russo Ssj-100.
Lo ha colpito a sprangate in cucina, Biagio ha cercato di scappare fuori dall’appartamento, ma il rivale l’ha raggiunto e massacrato. L’autopsia a quanto pare avrebbe già confermato la dinamica, almeno da un punto di vista tecnico: la trentenne è stata soffocata con una violenta pressione protratta sul naso e sulla bocca. Il suo compagno è stato invece ucciso con una spranga, o comunque un corpo contundente, in un’azione violenta, accanita e ripetuta, soprattutto in testa, con almeno cinque mazzate. Gli accertamenti del pubblico ministero Giorgio Gava comunque continuano.
Traghetti col contagocce
Almeno sei corse cancellate il pomeriggio di lunedì 19 giugno. E questa mattina, martedì 20 giugno, “taglio” dei traghetti, da tre a due ogni ora.
Tutto per colpa di tre motonavi, sulle cinque della flotta che fa servizio tra Intra e Laveno, ferme contemporaneamente in officina per manutenzione, in qualche caso programmata ma andata per le lunghe in altri casi (come il Sempione) dovuta a un guasto.
Sempione, Ticino e San Carlo erano fuori uso, e così a fare la spola tra le due sponde del Verbano sono rimasti solo il San Bernardino e il San Cristoforo, con inevitabili disagi per gli utenti.
Allarme rientrato nel pomeriggio, quando il San Carlo ha quindi ripreso a navigare. Il Ticino, peraltro, era già stato fermo dal 3 giugno in seguito all’incidente, pare per un guasto al motore, che aveva portato all’abbattimento di tre pali del porto di Laveno; aveva ripreso servizio lunedì, ma è stato nuovamente bloccato per ulteriori manutenzioni.
Uccise quarantenne. Il pm: «Ergastolo»
Ergastolo: è questa la richiesta formulata in Tribunale a Busto Arsizio dal pm Nadia Calcaterra per il ventunenne ivoriano Emmanuel Djakourè, a processo per l’omicidio di Claudio Silvestri, il quarantenne strangolato e poi derubato in casa sua la scorsa estate a Jerago con Orago.
I due uomini si erano incontrati al termine di una festa in paese e, secondo la ricostruzione degli inquirenti, dopo aver accettato un invito a casa da parte del varesino, Djakourè lo aveva aggredito a morte, per poi fuggire dalla sua abitazione con abiti, monili, gioielli e persino il profumo della vittima.
La difesa, ascoltata la richiesta del magistrato, ha controbattuto chiedendo per il ventunenne le attenuanti generiche.
Si torna in aula il 25 luglio prossimo, quando è prevista la sentenza.
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L’ultimo saluto a Diana
La forza di Brigel, che trova persino un momento per sorridere, per ringraziare, per abbracciare le tante persone che si sono strette attorno a lui e alla sua famiglia: da quelle maledette 16.48 di sette giorni fa, è lui il nuovo capofamiglia e oggi, martedì 20 giugno, nella chiesa San Michele, strapiena per l’ultimo saluto a sua mamma Diana Vrapi, ha dimostrato non soltanto di esserne consapevole, ma di esserne capace.
Il dolore di Elona, inginocchiata per tutta la cerimonia funebre a guardare attonita il feretro della madre, talmente straziante da sentirsi quasi mancare per le lacrime versate. E poi la dolcezza di Stiven, il più piccolo dei tre fratelli, che entra in chiesa e si appoggia sulla bara e la abbraccia teneramente.
Così diversi, ma mai così uniti, i fratelli Vrapi hanno reso omaggio alla madre, uccisa mercoledì 14 giugno da almeno venti coltellate da loro padre, Muhamed, ora in carcere. Ad ascoltare le parole di don Fabrizio Barlozzo, cappellano dell’ospedale, c’era anche il sindaco Emanuele Antonelli, a testimonianza dell’affetto di una città intera a una famiglia stimata eppure devastata dal dolore provocato da un raptus.
Domani sera, mercoledì 21 giugno, in piazza San Giovanni, alle ore 21.30 in punto i commercianti spegneranno le luci delle loro vetrine, gli altoparlanti risuoneranno le note dell’Hallelujah di Leonard Cohen e sul maxischermo apparirà l’immagine di Diana.
Sarà questo l’addio laico col quale Busto renderà omaggio alla concittadina scomparsa e sarà il modo per unirsi attorno alla famiglia di Diana per dire “no” alla violenza di genere.
«Spegniamo la violenza, accendiamo la vita», è lo slogan scelto da Eva onlus, lo sportello contro i maltrattamenti in famiglia, alla regia dell’evento insieme all’amministrazione comunale.
Articolo sulla Prealpina di mercoledì 21 giugno.
Rapinatori violenti. Catturati
Aveva riportato una lesione al bulbo oculare dopo essere stato colpito al volto a scopo di rapina da due giovani di Cerro Maggiore ma, temendo ritorsioni, non li ha denunciati.
I carabinieri di Legnano, partendo da un controllo relativo ad un incidente stradale in cui è rimasto coinvolto il venticinquenne rapinato, hanno ricostruito quanto accaduto e sono risaliti ai responsabili, arrestati oggi, martedì 20 giugno, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Busto Arsizio per rapina.
Si tratta di un ventitreenne e di un trentunenne residenti nel comune milanese che, lo scorso 25 marzo scorso, nel centro di Cerro Maggiore, avevano aggredito il venticinquenne per rapinarlo di cinquanta euro, provocandogli la rottura di una lamina del bulbo oculare. Soccorso dai passanti e accompagnato in ospedale, benché alcuni presenti avessero telefonato al 112 raccontando di aver assistito a un’aggressione, il giovane non aveva però raccontato nulla di quanto accaduto.
Quando lo stesso ragazzo è rimasto coinvolto in un incidente stradale, valutando i referti precedenti sulla sua salute, i carabinieri sono riusciti a ottenere da lui elementi utili a risalire ai suoi aggressori, poi identificati anche attraverso le immagini delle telecamere di videosorveglianza della zona, e ad arrestarli.
Riciclaggio. Indagati Galli e Ermolli
Le ipotesi di reato sono pesanti: associazione per delinquere, riciclaggio, truffa e abuso in intermediazione finanziaria. E gli indagati sono una decina, cominciando da imprenditori attivi tra Varese e Milano, per finire con due nomi noti, quello di Luca Galli, presidente della Fondazione Comunitaria del Varesotto Onlus, e di Gianpaolo Ermolli, che è stato vicesindaco di Varese come esponente di Forza Italia e, di recente, in quota alla Lega Civica, è stato più volte delegato dall’attuale presidente del Consiglio comunale, Stefano Malerba, nell’attuale Commissione urbanistica.
L’indagine della Procura della Repubblica di Varese e della guardia di finanza è venuta alla luce, grazie a una serie di perquisizioni nelle abitazioni degli indagati, in vari uffici privati e anche alla Fondazione Comunitaria del Varesotto. E rappresenterebbe una “costola” di quella in corso da tempo sui prestiti della Fondazione Molina.
Massimo riserbo da parte degli inquirenti ma la natura dei reati contestati fa naturalmente pensare a movimenti di denaro - finanziamenti, prestiti - fatti da chi non aveva l’autorizzazione per farli.
Luca Galli puntualizza: «Si tratta di una questione personale, la Fondazione non c’entra niente. Devo capirne di più, ma sono fiducioso di poter chiarire la mia posizione».
Articolo sulla Prealpina di mercoledì 21 giugno.
Uccise il bandito, archiviazione
La Procura della Repubblica ha deciso: la posizione del carabiniere che uccise William Trunfio è da archiviare.
Nei giorni scorsi il pubblico ministero ha depositato la richiesta al giudice per le indagini preliminari. Decorrono quindi venti giorni di tempo entro i quali la famiglia di Trunfio - rappresentata dall’avvocato Giuseppe Lauria - potrà opporsi, chiedendo così al gip un approfondimento degli accertamenti su ciò che accadde in via Micca tra il 5 e il 6 ottobre del 2015.
«Meglio tardi che mai», commenta l’avvocato dell’appuntato, Pietro Romano. Proprio settimana scorsa il legale aveva presentato istanza di avocazione del fascicolo alla corte d’appello di Milano, lamentando ritardi nella definizione della posizione del suo assistito, a questo punto però l’istanza decadrà perché ha provveduto Busto.
«Finalmente è stata fatta giustizia», aggiunge Romano.
«Siamo soddisfatti, gli inquirenti hanno compreso che il carabiniere fece il proprio dovere per difendere il collega che rischiava la vita».
Sono amare invece le considerazioni dell’avvocato Lauria: «Ritengo che la procura non abbia tenuto in considerazione le incongruenze emerse e da noi evidenziate. Sono certo che un processo dibattimentale avrebbe chiarito meglio i punti oscuri che restano inevitabilmente».
Il 5 ottobre Trunfio partì con una rapina: in via Marsala si impossessò di una Panda puntando un coltello contro il proprietario. Qualche ora dopo prese di mira due ragazze che facevano benzina a un distributore di Buguggiate: usò la stessa tecnica per portarsi via borse ed effetti personali, sfoderò quindi la lama e le mise in condizioni di non reagire.
Poi in tarda serata cercò di truffare il Carrefour usando la carta di credito di una delle due giovani: voleva pagare merce per circa 50 euro, «mi mostri un documento» gli disse il cassiere. Preso dal panico, Trunfio mollò gli acquisti sul rullo e scappò verso il centro.
La pattuglia del Nucleo radiomobile era ferma vicino al Commissariato quando la Panda passò sul lato opposto di viale Milano.
L’appuntato la riconobbe come quella che al mattino era stata sottratta in via Marsala e con il collega decise di fermarla. Ma Trunfio - consapevole che se si fosse fermato sarebbe finito nei guai sia per l’evasione da una casa di reclusione di Castelfranco che per l’auto rapinata - avviò un inseguimento folle, fino in via Micca, dove la pattuglia lo bloccò.
Il trentanovenne a quel punto investì uno dei due militari e provò a fare manovra per scappare e poi, nonostante l’appuntato tentasse di tirarlo giù dall’abitacolo prendendo a pugni il finestrino, fece per innestare ancora la prima.
Il carabiniere temeva la testa del collega rimanesse sotto le ruote e decise di sparare.