«No, di politica non parlo». Un rifiuto con garbo. Ma netto. Walter Veltroni, ex sindaco di Roma e vice premier nel governo Prodi, oggi è un affermato scrittore e regista. Sulla carta d’identità, quando si doveva indicare la professione, ha sempre voluto “giornalista”. Lunedì 23 novembre, nell’ambito dei tre incontri varesini (la mattina a Gavirate e poi in serata al cinema Nuovo per la proiezione del suo film “I bambini sanno”) ha parlato del suo ultimo libro, “Ciao”, nella sala affrescata della Scuola superiore per mediatori linguistici, in via Cavour.
I bambini sono il filo conduttore tra il romanzo, autobiografico anche se con il padre mai conosciuto, e il film. E il pensiero corre quindi alla tragedia di Parigi, agli attentati, e al modo in cui rendere partecipi i figli, i ragazzini, di questa dura realtà. «Non bisogna nascondere loro nulla, non bisogna fare finta, non bisogna occultare», questa la prima valutazione di Veltroni prima di sedersi al tavolo della sala. «Bisogna spiegare ai bambini, prenderli sul serio. La cosa peggiore però è dare enfasi alla drammatizzazione, inducendo così paure o camuffando la verità. Occorre razionalità con i bambini. Sì: dobbiamo spiegare che al mondo c’è anche il male, c’è sempre stato, e che lo si può combattere e sconfiggere».
Dunque, avere rispetto dell’intelligenza, della sensibilità e della capacità di comprendere dei bambini. Un messaggio che traspare chiaramente nel suo ultimo libro e nella pellicola proiettata al Nuovo. E, al di là delle tragedie, come ci si deve rapportare oggi con le nuove generazioni, soprattutto i piccoli? «Ci vuole attitudine» afferma Veltroni, precisando che «bisogna lasciare vivere ai bimbi il loro tempo, evitando di farli crescere troppo in fretta». Questa è la ricetta per sviluppare, nei bambini, «gioia e fantasia».
Ne ha parlato, l’ex ministro, anche in riferimento alla Giornata mondiale dei diritti dell’Infanzia. E da giornalista, che cosa ne pensa dell’informazione, complessa e a volta caotica, che viene proposta proprio nei momenti delle grandi tragedie, come quella di Parigi? «Abbiamo constatato, anche con i fatti della Francia, che serve una mediazione responsabile. Con Parigi si sono rincorse anche tante bufale, come il terremoto in contemporanea a Tokyo con 15.000 vittime e la foto di un ragazzo ritenuto colpevole degli attentati e che invece si è scoperto poi non c’entrare niente». «C’è un gran bisogno di etica e di senso di responsabilità nel raccontare i fatti».
Veltroni è quindi entrato nella sala degli incontri della scuola varesina e affiancato da Giulio Rossini, presidente di Filmstudio 90, ha descritto lo stato d’animo con cui ha scritto “Ciao”, racconto di un dialogo immaginario tra un figlio (lui, Walter) e un padre (Vittorio Veltroni, scomparso all’età di 37 anni quando il figlio aveva un anno).
Perché un libro di questo tipo adesso? «Lo scritto solo ora per due motivi: il primo è che non ho più responsabilità e ruoli pubblici, se lo avesscritto in passato ci sarebbe stati commenti all’insegna della dietrologia. Il secondo motivo è che sono arrivato ad un momento della vita in cui, smesso di correre, posso riordinare la mia stanza dei tanti foglietti che lo ho lasciato sparsi». In sala, una trentina di persone, tra cui Davide Galimberti, candidato alle primarie del centrosinistra. Veltroni ha incantato tutti con la descrizione, ricca di sentimenti e sfumature dolci, del suo ultimo libro. Ciao.