Il gelo comincia a farsi pungente. Ed è un problema in più per l’emergenza clochard che nelle ultime settimane è tornata ad esplodere in maniera prepotente. Perché, se è vero che il dormitorio davanti alla stazione Fs funziona, è anche vero che solo una dozzina di persone trova posto nella struttura mentre la richiesta di accesso raggiunge in certi mesi anche numeri cinque volte superiori. Tant’è che basta addentrarsi lungo i binari e raggiungere gli edifici abbandonati e diroccati, per scoprire che quasi tutti sono stati occupati abusivamente. Compreso quello che durante l’estate andò in fiamme e che ha già trovato nuovi padroni.
Ovviamente da nessuna parte c’è il riscaldamento, ci si arrangia con fuochi di fortuna (pericolosissimi) e ci si sfama accedendo alla preziosissima mensa che i volontari delle associazioni portano avanti per una cinquantina di persone ogni sera.
Oltretutto, fra coloro che hanno il polso della situazione, dalle parti della ferrovia si sta palesando anche il fatto (e non poteva essere diversamente) che pure le donne abbiano iniziato a popolare il mondo dei senzatetto. Settimana scorsa ne sono state contate otto, alcune anche molto giovani, tutte alle prese con una serie di problematiche differenziate e soggette all’impossibilità di poter sperare di strappare un posto nel dormitorio.
Impercorribile infatti l’idea di accostare la loro presenza a quella degli uomini, non almeno nelle condizioni attuali della struttura. Né il Comune pare disponibile a lavorare per l’allargamento dello spazio nell’edificio adiacente, che al massimo verrà utilizzato per dare soddisfazione a Trenitalia, che non vuole più vedere i disperati consumare i pasti sulle banchine.
In ogni caso la situazione sta diventando esplosiva, anche perché lo spiraglio di accoglienza che si è aperto nei mesi scorsi ha richiamato a Busto anche persone del territorio circostante. Italiani e stranieri (come tanti giovanissimi nordafricani) che popolano il sottobosco ferroviario, vivono lungo le direttrici dei treni anche spingendosi a una certa distanza dalla mensa. Ci sono pure gli adulti rimasti senza occupazione, molti dei quali dormono in macchina nei paraggi del punto di accoglienza e si presentano solo a ritirare il cibo quando cala il buio. Senza parlare con nessuno. Per vergogna.
In mezzo a tutto questo è riesploso il fenomeno della tossicodipendenza, che si vede nei prati interni allo scalo disseminati di siringhe ma si legge anche nei volti di qualcuno di coloro che si mette in fila a ritirare un piatto di pasta al sugo. Una complicazione in più in un contesto al limite.