Ripresa? Ordini che ripartono? Un territorio che reagisce meglio di altri alla morsa della recessione? Può darsi, ma secondo il maggior sindacato italiano non si può ancora stappare la bottiglia per l’uscita dalla crisi, né a livello nazionale, né a livello locale. Perché c’è un’analisi amara più di altre, come ribadisce il segretario generale provinciale della Cgil Umberto Colombo nel tracciare un bilancio dell’anno prossimo alla fine: «Un giovane su tre in provincia di Varese non ha ancora un lavoro: e questo problema riguarda anche chi ha un’istruzione elevata ed è disposto ad accettare occupazioni non legate agli studi. Anche nella nostra provincia dobbiamo tornare a un collegamento più stretto fra scuola e lavoro. Ricordiamo infatti che non tutte le aziende vivono lo stesso tipo di difficoltà: ci sono ancora produzioni che hanno sbocchi occupazionali buoni, ma a volte faticano a trovare le professionalità tra i diplomati. Bisogna valorizzare il rapporto fra le nostre due università e gli istituti tecnici. Serve un maggior collegamento che diventa dialogo sociale».
Insomma, ci cerca in tutti i modi di scalfire quel muro del 39,1% di disoccupazione giovanile che continua a caratterizzare il territorio provinciale (dove i senza lavoro in assoluto sono di poco sopra l’8 per cento). Se da un lato i ragazzi si vedono chiudere tante porte in faccia, dall’altro sono i primi a non interpretare correttamente le indicazioni del mercato sulle professioni più appetibili.
Ma le ombre si annidano anche nella popolazione più adulta: «C’è il grave problema, poi, degli under 45 che hanno perso il lavoro e faticano a ritrovare una collazione - prosegue il numero uno della Cgil targata Va -. E così pure degli esodati che non hanno avuto ancora risposte convincenti. Per questo saremo in piazza unitariamente a Torino giovedì 17 dicembre per protestare contro la riforma Fornero che ha allungato l’età pensionabile, rendendo ancora più difficile l’accesso ai lavori per la permanenza degli anziani»,