Le unioni civili battono quelle religiose. Si conferma insomma il trend rilevato negli ultimi anni: più sì in municipio (125) che all’altare (100). E il primato dei fiori d’arancio con rito civile si riferisce a quelli celebrati a Varese nel 2015 e con almeno uno dei fidanzati residente nel capoluogo. Se si considerassero anche le nozze tra non varesini (e sono state tante), quelle per procura o quelle tra iscritti (almeno uno) all’anagrafe di Palazzo Estense che hanno deciso di sposarsi altrove, allora il numero dei “civili” salirebbe, anzi raddoppierebbe.
Come era andata l’anno precedente? Che i “sì”, a Varese, con rito non religioso e tra residenti erano stati 116 su un totale di 136 (celebrati) mentre in chiesa 122. Ora, il sorpasso dei sì con rito civile è già con i residenti, senza contare le cerimonie con nubendi che abitano fuori dai confini del capoluogo e per varie ragioni hanno deciso di sposarsi a Varese (non infrequente la scelta di Palazzo Estense per la cornice ambientale e la delizia della sala al primo piano).
I dati sono stati elaborati dall’Ufficio dello stato civile, guidato da Nicoletta Zucchi. Sono i primi numeri. Già indicativi. Le nozze civili possono essere celebrate in municipio in tre diversi luoghi: l’ufficio anagrafe, la sala matrimoni e in casi eccezionali e motivati nel Salone Estense. L’alternativa è il Castello di Masnago, bello ma poco sfruttato per il giorno del fatidico “sì”. Sorprende, ma neanche tanto, l’ulteriore diminuzione, nel 2015, dei matrimoni religiosi, scesi appunto a quota 100 dopo aver toccato, solo tre anni fa, quota 163. Il motivo di questo trend al ribasso? La formazione di coppie che hanno origini ed estrazioni religiose diverse, ma anche la propensione dei nuovi sposi verso le cerimonie laiche.