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Gli economisti parlano di capitale umano e del suo essere indispensabile per il buon andamento di una azienda. Piero Macchi, fondatore della Enoplastic ha reso concreta la teoria, decidendo di lasciare in eredità ai suoi dipendenti un milione e mezzo di euro. E, di fronte alla busta paga più pesante, lo stupore si fonde con la gratitudine. «Questo regalo ha sicuramente aiutato qualche famiglia in difficoltà - racconta Giuseppe Demma, delegato Rsu della Cgil - Un collega, ad esempio, separato con due figli, mi ha detto che il regalo della famiglia Macchi gli ha dato un aiuto a saldare qualche debito. Ma quello che conta è che è stato riconosciuto il valore dell’opera e delle persone che lavorano ogni giorno». Sì, perché non si pensi che in una azienda che viene considerata come una famiglia dal suo fondatore, si lavori meno o o non si pensi a sviluppare le attività e a conquistare nuovi mercati. «Qui si lavora eccome - sottolinea anche Paolo Guicciardi, della Filctem Cgil - dal momento che si producono migliaia e migliaia di pezzi. Certo, in azienda c’è un buon clima, c’è un dialogo costante con le organizzazioni sindacali, ci sono anche degli scontri, ma poi si ragiona e si arriva a un accordo che soddisfa tutti». Insomma, la sensazione è che là dove le persone vengono apprezzate per quello che sono e per quello che fanno, anche l’azienda funziona meglio. «Funziona molto meglio - commenta Gerardo Larghi della Cisl Varese - perchè se una persona sta bene nel suo ambiente di lavoro dà molto di più di quanto non sia richiesto dal contratto. Quello di Macchi è un grande gesto che nasce da una concezione del rapporto tra imprenditore e dipendenti che non è solo contrattuale. C’è la convinzione che il posto di lavoro sia anche un luogo della comunità. Il dipendente è visto come un collaboratore e non solo come un prestatore d’opera».