Per più di un anno il Comune di Busto Arsizio - specialmente tramite il suo Distretto del commercio e in alcuni casi attraverso l’impiego degli operai Agesp - ha provato a lanciare la controffensiva ai graffiti. Un contrasto basato su un semplice concetto: se tu pulisci, chi si vede cancellare le scritte non le rifà più, perché teme che durino troppo poco. Ma questa battaglia, se ancora non è persa, sembra essere in grave affanno. Perché il numero dei disegni e dei semplici segnacci è tornato a crescere imperiosamente e, appena le risorse per la pulizia dei muri sono andate calando assieme al numero degli interventi, l’avanzata del colore - spesso disordinato e sempre non richiesto - è ripresa. Lo hanno provato sulla loro pelle anche i privati, talvolta scottati poiché dopo che avevano investito risorse per ristrutturare e riverniciare le loro proprietà le hanno ritrovate come prima.
Un caso fra i tanti in via Matteotti, dove un edificio appena rimesso a nuovo è stato sporcato nel giro di poche settimane, mortificando gli sforzi. E facendo pensare che forse fanno bene quei proprietari che hanno ormai rinunciato a spendere denaro per questa sfida infinita all’inciviltà, al punto da rifiutare di entrare in azione anche quando gli esponenti dell’amministrazione chiedono di inserirsi in un percorso virtuoso in cui si va a pulire un’area della cui riqualificazione beneficerebbe lo stesso valore dell’immobile.
I più (chiamiamoli così) fortunati, perlomeno si trovano sulle pareti qualche disegno di un certo pregio, che ovviamente ha insozzato l’estetica delle mura ma almeno non è uno sbrego senza senso, se non per chi lo ha fatto, come nel caso delle firme conoscitive dei writers.
In giro per il centro c’è qualche realizzazione “simpatica” in piazza Trento e Trieste, uno schizzo della Venere di Botticelli sulle mura di piazzetta Galimberti (però accanto c’è anche il Monumento al Lavoro deturpato volgarmente da due anni e mai ripulito) e anche una artisticamente formidabile ma inquietante Santa Rita da Cascia con spina in fronte che con cura è stata realizzata su una delle finestre (scelta fra quelle non affacciate sulla strada) delle ex carceri di via Borroni. Esempi particolari, a volte curiosi, altre volte solo demoralizzanti, di un fenomeno che continua a riproporsi e non sembra temere nulla.
D’altronde la videosorveglianza spesso è guasta e quando funziona non può certo mettere le bombolette spray in cima alle priorità di intervento. E comunque la possibilità di cogliere sul fatto chi imbratta è abbastanza bassa, come testimonia il numero quasi nullo di multe e denunce affibiate a chi agisce nell’illegalità, specie a chi - piuttosto che colorare muri abbandonati che in fondo trasmetterebbero solo degrado - si permette di sporcare senza alcun motivo strutture che i padroni di casa fanno abbellire a proprie spese.
In questo senso Busto è in buona compagnia. Anzi, forse è stata una delle poche città a cercare talvolta di fare qualcosa per invertire la rotta, dando il buon esempio. Ma, a mesi di distanza, pare che gli sforzi fatti siano stati inutili.