Le recenti festività natalizie hanno confermato anche per il Varesotto la tendenza registrata a livello nazionale: secondo Camera di Commercio, per regali e cenoni vari le famiglie varesine hanno preferito i prodotti alimentari a chilometro zero. Salumi, formaggi, dolci artigianali e confezionati entro i confini provinciali o poco più in là, vale a dire in un territorio scarsamente vocato all’agricoltura e dove le produzioni di qualità hanno numeri così contenuti da essere considerate d’élite.
Tutto bene, dunque, per il nostro settore primario?
Non proprio: prezzo del latte alla stalla diminuito di oltre il 13 per cento, superficie agricola tagliata di quasi un terzo, andamento climatico compresso tra siccità e inquinamento. A parte qualche luce, il passaggio da vecchio a nuovo anno non porta notizie confortanti all’agricoltura varesina. La conferma viene da Pasquale Gervasini, presidente di Confagricoltura Varese: «Nel 2015 il prezzo del latte alla stalla, mediamente di 36,2 centesimi al litro, è diminuito del 13,6 per cento, mentre quello al consumo è cresciuto del 2,14%».
L’Agricoltore Prealpino, bollettino di categoria, riporta l’intervento di Gervasini alla Commissione Agricoltura del Senato, qualche settimana fa. Un’audizione che ha proposto in Parlamento le tematiche tra le quali è costretto a dibattersi il settore in una fascia territoriale che, in un certo senso, non è né carne né pesce: «Spesso si associa lo svantaggio all’altitudine sul livello del mare, con una equazione semplicistica: più alto uguale più svantaggio. Non è così. La nostra agricoltura soffre di polverizzazione fondiaria, produttività inferiore alla pianura, difficoltà urbanistiche conseguenza della crescita nei settori secondario e terziario, strutture e infrastrutture inadeguate».
Servizio completo sulla Prealpina del Lunedì dell’11 gennaio.