Cinque anni per tornare a fare il bagno nel lago di Varese. Non solo un sogno e nemmeno una speranza: è il tempo che ragionevolmente ci vuole prima di rituffarsi nello specchio d’acqua vietatissimo, da molto tempo, ai bagnanti. Unica condizione indispensabile perché si raggiunga questo obiettivo: rifare il sistema fognario attorno al lago. Potenziarlo, eliminare gli errori.
«Il nostro lago non è malato grave e non è necessario svolgere interventi miracolosi, perché possa essere goduto in tutti i suoi aspetti», dice Paolo Giorgetti, componente del comitato scientifico dell’Osservatorio lago e amministratore della Cooperativa pescatori. Negli ultimi giorni, sono stati compiuti passi da gigante, verso il risanamento, almeno sulla carta. E’ stato infatti accantonato, quasi del tutto, il teorema sull’inquinamento e l’eutrofizzazione collegati “solo” alla mancanza di ossigeno e allo sviluppo delle alghe. Si è fatto un passo indietro. E ora tutti o quasi gli amministratori dei Comuni che si affacciano sul lago, hanno compreso che tutto o meglio gran parte del “il problema” del lago ruota attorno agli scarichi fognari.
In particolare, le questioni da affrontare sono le seguenti: scarichi abusivi, collettore piccolo o comunque insufficiente, mancato sdoppiamento delle acque bianche da quelle nere.
«Basta comprendere che va ridotto il carico organico che quotidianamente arriva nel lago, sembra una cosa semplice, ma per molto tempo così non è stato», prosegue Giorgetti che è docente di Ingeneria gestionale alla Supsi di Canton Ticino.
Ampio servizio sulla Prealpina di giovedì 4 febbraio.