La Svizzera sta valutando la possibilità di chiudere una dozzina di dogane commerciali e fra esse potrebbe finire quella di Ponte Tresa. Il rischio è di perdere una quindicina di posti di lavoro in Italia e altrettanti al di là del confine, con un aggravio dei costi per le imprese che operano nell’import ed export sulla linea di frontiera.
Tutto deriva dal cosiddetto “Programma di stabilizzazione” dello Stato elvetico, una sorta di spending review dove si stanno cercando modi per risparmiare su personale e immobili del comparto pubblico. Fra i possibili tagli sono finiti anche i servizi ai valichi: stando al documento rossocrociato, si dovrebbe dire addio a uno dei quattro varchi commerciali del Canton Ticino. Chiasso e Gaggiolo, i due con maggiore traffico coi loro 3.500 e 500 passaggi al giorno, sono praticamente intoccabili. Così come il più piccolo (90 transiti giornalieri), quello di Brissago, che ha il vantaggio di essere l’unico nel Locarnese. E così resta Ponte Tresa: 200 passaggi al dì, che potrebbero rimanere soltanto un ricordo. «Per noi spedizionieri -racconta Franco Fraquelli, amministratore dell’omonima impresa- sarebbe gravissimo e vorrebbe dire cessare l’attività. Rischiano di restare a casa una trentina di dipendenti fra l’Italia e la Svizzera, mentre si dovrebbe trovare una collocazione anche per i funzionari della dogana. L’unica speranza è che la proposta finisca in nulla perché, ciclicamente, se ne parla dal 1978 ma poi non si è mai data applicazione alla chiusura». Ora la parola passerà al Parlamento svizzero. Ma anche l’Italia attende con preoccupazione le decisioni di Berna: non solo per i posti di lavoro, ma anche per le imprese edili e di altri settori che subirebbero un aggravio di costi sul personale e sul carburante. Senza contare l’aumento di traffico per il sistema viabilistico fra Valganna, Valmarchirolo e Valceresio.
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