«Per la prima volta al Senato viene invitata e ascoltata un’associazione per un parere su un accordo internazionale». La protesta dei frontalieri, guidata da Eros Sebastiani, presidente dell’associazione Frontalieri Ticino, ha raggiunto i palazzi romani. Precisamente il Senato e la Commissione Affari Esteri che, in una seduta informale, ha sentito i rappresentanti dei 65mila lavoratori italiani pendolari col Canton Ticino: «C’erano senatori di ogni schieramento politico – racconta Sebastiani – e abbiamo raggiunto l’obiettivo per cui le Commissioni Esteri, Lavoro e Bilancio si impegnano a trovarsi per studiare le ricadute economiche dell’accordo che dovrebbe entrare in vigore. Siamo soddisfatti perché prima di firmare l’accordo, anche i senatori, di ogni parte politica, ci vogliono vedere chiaro sulle potenziali ricadute economiche».
Positivo anche il commento di Cgil, Cisl e Uil che, sempre martedì, hanno partecipato anche loro a un’audizione informale della Commissione esteri del Senato. «Abbiamo consegnato un documento unitario – dice Raimondo Pancrazio, relatore e responsabile nazionale dei frontalieri della Uil – ed esposto le nostre proposte al presidente Pier Ferdinando Casini e ad alcuni senatori di ogni schieramento. Chiaramente non tutti hanno le idee chiarissime su cosa siano i frontalieri, ma loro ci hanno chiesto indicazioni in merito su come migliorare l’intesa con la Svizzera. Noi abbiamo illustrato gli aspetti critici dell’accordo preliminare sotto il piano fiscale, chiedendo un innalzamento e una stabilizzazione della franchigia. Inoltre abbiamo chiesto la salvaguardia dei ristorni per i Comuni e la creazione di uno Statuto dei frontalieri, che vada oltre la questione fiscale e tratti i diritti del lavoro».
Già perché oltre alla questione delle tasse sullo stipendio una delle questioni aperte degli italiani in Svizzera è quella legata al welfare. E proprio due esempi di questi giorni raccontano quanto sia precario anche il posto di lavoro in Canton Ticino. Primo: in un incontro tra la dirigenza della Armani Swiss Branch di Mendrisio e il sindacato Ocst, in merito alla possibile chiusura dell’azienda e al licenziamento degli oltre cento collaboratori che vi lavorano, la maggioranza italiani. I dirigenti e gli avvocati dell’azienda hanno confermato la volontà di centralizzare le attività a Milano. Ai dipendenti attualmente impiegati a Mendrisio, quasi a tutti, è stato proposto il trasferimento in Italia, con aggiustamento dello stipendio (dai 4.000 franchi odierni a 1.500 euro circa al mese). I lavoratori che hanno accettato di spostarsi sono una sessantina, gli altri perderanno il posto. Secondo: la succursale di Stabio dell’azienda siderurgica olandese Delta Stahlröhre BV, cesserà l’attività. Per i 33 dipendentisi prospetta il licenziamento: numerosi operai sono varesini.