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Lidia, «un prete conosce la verità»

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Lidia, «un prete conosce la verità»

Un appunto su un’agenda di Patrizia Bianchi, la supertestimone dell’indagine sull’omicidio di Lidia Macchi, avvenuto il 5 gennaio 1987. Un appunto scritto subito dopo la morte di Lidia, per la quale l’amico dell’epoca Stefano Binda è in carcere dallo scorso 15 gennaio, che oggi Patrizia, anche lei a quei tempi molto legata al presunto killer, interpreta in questo modo: col senno di poi si tratterebbe di un dialogo con Stefano in cui il ragazzo farebbe un’allusione all’omicidio e dal quale si ricaverebbe che un prete è al corrente di tutto, perché avrebbe confessato l’assassino.

A tirare fuori l’appunto è stato domenica 20 marzo il quotidiano La Stampa, che al cold case per eccellenza della storia criminale varesina ha dedicato due intere pagine. Titolando appunto La testimone riapre il caso Macchi: «Un prete conosce la verità».

Ma cosa dice esattamente questo appunto nell’agenda della donna che ha messo nei guai Binda riconoscendo come sua la grafia dello scritto anonimo In morte di un’amica, inviato ai Macchi il giorno dei funerali di Lidia? Il dialogo è questo: «Tu non sai, non puoi nemmeno immaginare che cosa sono stato capace di fare...». Con una firma tra parentesi: “T”. «Forse è per questo, di certo per questo, che non ho insistito nel chiederti perché vai a letto così tardi...». Firmato “L”, sempre tra parentesi. «Per quanto è nelle tue responsabilità... e questo solo Dio lo sa... io ti perdono....». Firmato “D”. A quanto pare, “T”, “L” e “D” sarebbero iniziali: di Teti, di Loa e di Don, con riferimento, rispettivamente, a un nomignolo di Stefano Binda, a un nomignolo di Patrizia Bianchi e appunto al prete che, secondo la ricostruzione della stessa Bianchi, avrebbe ricevuto la confessione dell’assassinio.

Sempre nell’articolo della Stampa, si legge che Patrizia avrebbe indicato come «prete che conosce la verità» o don Fabio Baroncini, guida spirituale di CL a Varese negli anni Ottanta, o don Serafino, all’epoca del delitto parroco di Brebbia, il paese in cui Binda ha sempre vissuto. Don Serafino è morto però tre anni fa. E don Fabio, già più volte indicato nelle scorse settimane come presunto custode di grandi segreti, nello stesso articolo spiega che «è prassi per i ciellini distinguere la guida spirituale dal confessore».


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