Assolta perché «il fatto non costituisce reato». Così s’è pronunciata la giudice Cristina Marzagalli il pomeriggio di lunedì 18 aprile, assolvendo Lucia Uva dall’accusa d’aver diffamato le forze dell’ordine che erano state in un primo tempo accusate, e poi definitivamente assolte, d’aver seviziato suo fratello Giuseppe nel 2008. Nonostante la richiesta di condanna a un anno e due mesi avanzata dal pubblico ministero, la giudice ha accolto la testi avanzata dal legale di Lucia Uva, Fabio Ambrosetti, che s’è appellato all’esimente dello «stato d’ira derivante d’un fatto ingiusto» quale fu lo stato d’animo della sorella di Giuseppe Uva alla notizia della prima perizia svolta sul cadavere, che ipotizzava violenze.
La difesa dei poliziotti e dei carabinieri assolti proprio lo scorso venerdì 15 aprile, ha accolto il verdetto manifestando l’intenzione di non cercare alcuna rivalsa nei confronti di Lucia Uva, «nonostante le sue pesanti e incaute affermazioni contro poliziotti e carabinieri risultati poi estranei alla morte del suo congiunto, ma comunque amplificate dai mass media e divenute una gogna ingiusta per chi svolge ogni giorno una pubblica funzione».
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