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Uccise la moglie: risarcito dallo Stato

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Uccise la moglie: risarcito dallo Stato

Quattrocentoventiquattromila euro. È salato il conto richiesto allo Stato per l’ingiusta detenzione patita dall’uxoricida di Marnate che, dopo un lungo e accidentato iter giudiziario, tre anni fa ottenne il proscioglimento nel secondo passaggio dinanzi ai giudici della corte d’assise di Milano. Secondo l’istanza formalizzata ieri ai giudici della quinta sezione del capoluogo lombardo da parte dei suoi legali, gli avvocati Fausto Moscatelli e Maria Franca Cerana, il settantacinquenne di origini veronesi Gaetano Panato, che il 15 dicembre 2007 uccise la moglie Irma Zanderigo, casalinga di 66 anni - alla luce della seconda sentenza di appello che lo ha dichiarato non punibile per totale incapacità di intendere e volere al momento del fatto - avrebbe patito ingiustamente la restrizione della libertà personale per 1879 giorni. Vale a dire, poco più di cinque anni trascorsi tra carcere (1048 giorni) e arresti domiciliari in una comunità protetta (831 giorni). Di fronte alla richiesta sollecitata dai difensori di Panato - libero cittadino a tutti gli effetti dal marzo di tre anni fa (va precisato, però, che dopo la scarcerazione, l’uomo, rinunciando all’eredità, non ha più la casa, perciò continua a vivere in comunità nel lecchese pagando la retta coi soldi della pensione) -, la procura generale di Milano ha espresso parere favorevole. Tuttavia, ora, l’ultima parola spetterà alla corte d’appello, attesa al pronunciamento nel merito entro un paio di settimane. La tragedia avvenuta nella villetta di via Moretti fu figlia della disperazione che si era come impossessata dell’uomo una volta che aveva saputo di avere un tumore alla prostata. L’intervento chirurgico, per quanto perfettamente riuscito, gli lasciò conseguenze pesantissime. Da un giorno con l’altro, quell’operaio dalla vita tranquilla, sposato per più di quarant’anni con Irma, si ritrovò nel pieno del tunnel della depressione finendo ricoverato per un paio di settimane nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Busto Arsizio. Di ritorno a casa, complice un banale litigio, visse un improvviso blackout, che purtroppo portò inspiegabilmente ad accoltellare a morte la coniuge. Panato fu condannato in primo grado con rito abbreviato a dodici anni di carcere dal gup bustese Chiara Venturi nel luglio del 2009. L’anno dopo la prima corte d’assise confermò la sentenza. A scompaginare l’iter processuale ci pensò la Cassazione che, nel settembre 2012, decise invece di annullare con rinvio il verdetto, dichiarandosi non convinta dall’esito della prima perizia psichiatrica alla quale fu sottoposto l’imputato in primo grado. E fu proprio la seconda perizia, disposta dai giudici della seconda corte d’assise d’appello, a decretare l’incapacità dell’uomo.


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