«Bravo, Davide, signori e signore, avete ascoltato il futuro sindaco di Varese». Quando Matteo Renzi comincia a parlare nella sala da 950 posti del Vela, stracolmo per l’occasione della visita del Presidente del Consiglio, cala un silenzio assoluto. Rotto solo dalle risate e dagli applausi rivolti a un premier che sa come conquistare la platea. Anche quella non necessariamente tutta di sinistra dell’evento. Parla a Davide Galimberti, parla ai cittadini, cerca di smuovere l’orgoglio dei varesini in quantoitaliani. Una bella sfida per un presidente del Consiglio sul palco per l’ultimo colpo di teatro della campagna elettorale del centrosinistra (una lista del Pd e quattro civiche) a sostegno dell’avvocato Galimberti. Dice Renzi: «L’Italia ha bisogno di Varese e di gente che si spacca la schiena». Ricorda, citando la richiesta di dieci milioni di euro che Galimberti ha già fatto per il rilancio del Sacro Monte, «che la cultura nutre l’identità delle comunità e le città devono avere un’anima composta di cittadini che non siano solo un codice fiscale».
Poi, l’attacco (anche ironico) alla Lega. Riferito a a Roberto Maroni capolista a Varese: «Ma si chiamano tutti Maroni, a Varese? Sono rimasto colpito quando ho visto quel nome, poi mi hanno detto che era proprio lui. E allora a Maroni dico “Ofelè fa el to mesté”...». One man show, Renzi, con affondi e appelli: «Agli elettori leghisti, ammantati spero da una passione vera, ricordo che si può misurare la distanza tra realtà e fatti. Il tempo della Lega è finito».
Un concetto espresso a chiare lettere da Davide Galimberti poco prima: «Per la Lega, il tempo è scaduto. Ho deciso di mettere la mia faccia in gioco perché sono stufo di vedere identificata Varese con la Lega, vedere accostare la propria città a una forza politica che in 23 anni non ha fatto nulla, è uno schiaffo per ogni varesino».
Lega che, come ampiamente preannunciato, è stata protagonista (insieme a Fratelli d’Italia e Forza Italia) di un presidio di protesta che ha «accolto» l’arrivo del premier. È il Gottardo, tunnel svizzero che Renzi aveva indicato tra le opere realizzate dal suo governo, il principale bersaglio della contestazione. «Prima a destra» con una freccia, recita un cartello. «Dopo il Gottardo pagaci la Pedemontana» si legge su uno striscione. La protesta contro il presidente del Consiglio è organizzata da Lega e Fratelli d’Italia: un centinaio, forse qualcuno di più, il gruppo confinato in via Monguelfo. A sbarrare la strada una ventina di agenti in assetto antisommossa.
«Renzi föra di ball da Vares» è un altro striscione esibito dai contestatori, tra cui spiccano il segretario provinciale, Matteo Bianchi, e quello cittadino del Carroccio, Marco Pinti, il coordinatore di Fratelli d’Italia, Fabio Fedi, l’assessore leghista Sergio Ghiringhelli, con il forzista Giuseppe Montalbetti, e il sindaco di Sesto Calende, Marco Colombo. C’è anche un nutrito drappello di Giovani Padani che ironizza sul candidato sindaco del centrosinistra, Davide Galimberti, ricordandogli - su uno striscione - che cosa è successo al sindaco di Lodi (indagato) e a quello di Firenze (crollo sul lungarno) dopo essere stati a Varese per sostenere la campagna elettorale.
Il megafono della contestazione è nelle mani e nella voce dell’ex assessore Stefano Clerici: «Renzi vieni a confrontarti con la Varese vera, non chiuderti in un cinema con la Varese finta». Bianchi: «Spero che trovi una soluzione al problema del residuo fiscale che scippa 50 miliardi di euro alla Lombardia». La protesta è anche a suon di fischietti, trombette e sirene. Piove a dirotto. E si alzano i cori da stadio, indirizzati certo al premier ma anche al candidato sindaco Galimberti bollato come... menagramo. Il presidio, formatosi intorno alle otto di sera, resta fin quasi l’arrivo di Renzi, poco prima delle dieci.
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