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Monsignor Macchi 'sfrattato' dal Santuario

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Monsignor Macchi "sfrattato" dal Santuario

I fedeli che salgono al Sacro Monte da qualche tempo notano un “vuoto” proprio all’ingresso del Santuario. Dopo alcuni anni è stata rimossa la statua in marmo bianco di monsignor Pasquale Macchi, opera di Augusto Caravati, che accoglieva i pellegrini accanto alla porta della chiesa e ricordava loro l’artefice della rinascita sacromontina.
Tornando sui loro passi, i fedeli l’hanno ritrovata nel giardinetto antistante l’ex albergo Camponovo, giusto all’inizio dell’ultima rampa di gradini.
Qualche maligno ha pensato a una sorta di sfratto ma così non sembra essere.
«Lo spostamento - spiega infatti monsignor Erminio Villa, arciprete di Santa Maria del Monte - è dovuto a ragioni di opportunità e di visibilità. Lo abbiamo deciso in accordo con lo scultore, molto amico di monsignor Macchi, scegliendo un luogo ben visibile e in concomitanza con la mostra che gli abbiamo dedicato».

Certo l’opera, che bene riproduce le fattezze del segretario particolare di papa Paolo VI che sarebbe divenuto arcivescovo di Loreto, avrebbe subito meno le ingiurie del tempo standosene al coperto nel corridoio che conduce in chiesa; ma si tratta, come detto, di marmo che potrà bene resistere a pioggia e sole. In ogni caso, monsignor Macchi resta a guardia del “suo” Sacro Monte.
La scelta della nuova collocazione, su un piedistallo davanti a cui sono posti con cura vasi di fiori,  è stata accolta con sorpresa dai pellegrini. E le opinioni non sono unanimi.
Grande, del resto,  è l’affetto che i varesini nutrono per il l’illustre concittadino che per venticinque anni non si staccò mai  da Paolo VI, l’uomo che Papa Montini incaricò di trattare con le Brigate Rosse la liberazione di Aldo Moro, il sacerdote per cui l’ arte era la via più nobile per testimoniare Dio.
Monsignor Pasquale Macchi era nato il 9 novembre 1923 e ordinato sacerdote nel 1946. Dopo i lunghi anni vissuti in arcivescovado a Milano e in Vaticano, era stato nominato arciprete del Sacro Monte, luogo che avrebbe lasciato per raggiungere la destinazione di Loreto su incarico di Giovanni Paolo II.  Il nome di Macchi è legato a filo doppio a quello di Montini, di cui divenne segretario particolare già nel 1954 quando il futuro Paolo VI era arcivescovo di Milano, guadagnandone la fiducia assoluta.
Fu monsignor Macchi, nel 1978 a compiere per conto del Vaticano l’estremo tentativo di salvare Aldo Moro: una trattativa di cui il vescovo non volle mai svelare i retroscena. Alla morte di Papa Montini, avvenuta all’inizio di agosto di quello stesso anno, Macchi aveva fatto ritorno a Varese, divenendo arciprete del Sacro Monte.
E per la città era cominciato un periodo di rinascita artistica e religiosa: Macchi diede impulso al restauro complesso secentesco della Via Sacra e lo arricchì con interventi di artisti contemporanei suoi amici.  Culmine dell’opera dell’arciprete fu la visita compiuta il 4 novembre dell’ 84 al sacro Monte da Papa Wojtyla. Stessa rifioritura culturale e spirituale toccò poi al duomo di Loreto, complesso di cui nell’89 Macchi era divenuto vescovo. Negli ultimi anni di vita si era ritirato nel monastero di clausura delle Romite ambrosiane alla Bernaga di Perego, in provincia di Lecco.


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