All’inizio c’è chi l’aveva addirittura ribattezzata «rivolta dei fagioli». Poi, però, l’oggetto del contendere è cambiato: non il cibo, ma le lunghe attese per la commissione di valutazione. Fatto sta che lunedì è partita una nutrita delegazione di profughi da via Beccaria (dove ora si trovano quelli gestiti dall’azienda di Katiusha Balansino) ed è andata all’ufficio dei Servizi sociali. Una ventina di nigeriani ha cercato di farsi capire dall’assessore Margherita Silvestrini (parlano poco o niente l’italiano) per esprimere un disagio. Un forte disagio, quello di essere lì da quasi un anno e mezzo senza mai venire chiamati dalla commissione che prende in esame le posizioni dei richiedenti asilo. Mesi e mesi di attesa senza un cenno, senza un’attività, senza una proposta. Insomma, senza fare niente. Giorni che passano tutti uguali. Inutili.
«Non potevano restare al loro Paese?», si domanderanno i leghisti. Ma la risposta non è così semplice come potrebbe sembrare dall’interrogativo.La verità è che in via Beccaria si trovano quaranta profughi dal mese di aprile del 2014. Stanno lì, a due passi dalla stazione, e succede pure che vengano confusi con gli stranieri che ogni tanto si picchiano, s’insultano, bevono birra o addirittura vendono droga. Però la pazienza ha un limite. Il problema è che non è stata prevista nessuna attività per loro. I profughi in carico ad Exodus stanno svolgendo lavori socialmente utili, loro no. Se i “colleghi” gestiti dalla cooperativa di Roberto Sartori imbiancano le scuole e i giochi dei bimbi, quelli che stanno in via Beccaria non sono stati inseriti nel tessuto sociale e nemmeno svolgono corsi di lingua.
Di chi la colpa? Facile buttare la croce addosso al gestore, ma non è così. Spiega l’assessore Margherita Silvestrini: «Ci vuole un’associazione di volontariato che li affianchi». E’ stata cercata, ma senza trovarla. In ogni caso la rappresentante della giunta di Edoardo Guenzani ha registrato il malumore dei nigeriani e relazionerà al prefetto degli aspetti sotto accusa. Di più non può fare.
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La rivolta dei profughi
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