Un quarto di secolo a capo della Pediatria di Varese. Il professor Luigi Nespoli va in pensione. Lascia, a fine settimana, la cattedra dell’Università dell’Insubria e lascia il “suo” reparto. «Quando sono arrivato all’ospedale Del Ponte c’erano camere con otto letti e i genitori non potevano stare accanto ai loro bambini con facilità, benché esistesse una legge dell’inizio degli anni Ottanta che dicesse il contrario. Ricordo una caposala, una suora, molto rigida in proposito. Altri tempi rispetto ad ora, per fortuna. Era un vecchio ospedale di provincia, il Del Ponte, la sala giochi e la scuola erano sempre chiuse, adesso i tempi sono davvero cambiati anche nell’accoglienza, oltre che nella cura».
E com’è, ora la Pediatria al Del Ponte? «E’ reparto ed è clinica pediatrica, forse non abbiamo pubblicato molti studi e ricerche, in questi anni, almeno non quanto avremmo voluto, ma abbiamo sempre molto lavorato. Oggi lascio una struttura e una équipe affiatati, un bel gruppo di lavoro dove cerchiamo sempre di fare trionfare il confronto e il dialogo».
L’arrivo di Nespoli è stato come docente di Puericoltura, quando i corsi di Medicina erano collegati all’allora seconda facoltà di Medicina e chirurgia di Pavia. Poi il passaggio all’insegnamento della Pediatria e l’avvio, nel ‘96, della scuola di specialità. «Abbiamo formato un centinaio di pediatri, la prima specializzata è stata la dottoressa Emanuela Ossola. Avevamo, agli inizi, un reparto con 42-44 letti e ora siamo scesi alla metà, ne abbiamo 22 o 24 e un numero di pazienti in ricovero ordinario, ogni anno, che si aggira attorno ai 1.500». Grande lavoro anche sul fronte del Punto di primo intervento pediatrico, quella sorta di piccolo pronto soccorso che non lo è invece, per i numeri immensi di piccoli pazienti visitati ogni anno: 12mila.
«Abbiamo ambulatori molto ben avviati, come quello sulla Sids, per esempio, per la quale abbiamo un convegno in programma il 6 novembre”». E il primario ricorda il day hospital oncoematologico e la rete di collaborazione avviata con l’istituto tumori di Milano, gli ospedali di Monza ed i Pavia.
Sul fronte delle malattie reumatologiche, grande competenza dei medici e un buon rapporto avviato con l’ospedale Gaslini di Genova. Il numero globale di bambini visitati e seguiti in un anno nei vari ambulatori è di circa seimila.
E il nuovo ospedale della mamma e del bambino? «Non entro nel merito della questione e delle polemiche, speravo però, visto che il reparto c’è ed è praticamente finito, di riuscire a lavorare anche nella nuova struttura. Pare ci vorrà qualche mese in più, va bene lo stesso».
Una équipe di 15 pediatri di cui 4 universitari (più un medico part time che lavora anche a Monza nell’ambito del progetto oncologico), una caposala, Fabrizia Stizzoli con un gruppo affiatato di infermiere, 17 e 7 addetti nel personale di supporto. «Un buon gruppo di lavoro e una buona collaborazione con le altri componenti dell’ospedale della mamma e del bambino, sono soddisfatto dell’attività svolta e dell’affiatamento raggiunto. E forse ho seminato anche buone prassi e bei ricordi. L’altra sera al brindisi di saluto si sono presentati anche molti specializzandi che ora sono medici da anni e che mi hanno fatto una bella sorpresa».
Come si sono evolute le patologie in questi anni? «C’è stato sicuramente un aumento delle patologie croniche anche tra i bambini, artrite reumatoide, diabete e malattie croniche intestinali. Inoltre almeno il 15 per cento dei nostri pazienti soffre di asma e intolleranze. Ovviamente i nostri pazienti vengono ricoverati come sempre per patologie acute come otiti, enteriti e infezioni delle vie urinarie e la degenza media è di circa 4,5-5 giorni»,
Che cosa farà da lunedì? «Continuerò a fare il pediatra, ma senza ospedale. Vorrei dedicarmi a immunologia e allergologia. Comincerò subito, per ora niente vacanze».
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Nespoli lascia dopo 25 anni
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