Image may be NSFW.
Clik here to view.
“L’Expo chiude. Iniziano le operazioni di pulizia. Si avvisano i visitatori che fossero rimasti nel sito a contattare il personale”.
È mezzanotte. Le ultime famiglie con passeggini anticode al seguito (c’è persino chi ha offerto il proprio figlio a estranei per evitare lunghe attese al padiglione Zero) sono appena uscite. L’altoparlante diffonde il messaggio abituale. Ma Expo ormai è proprio chiusa. Niente ressa ai tornelli in questo primo novembre, l’avventura è terminata. Nell’aria inizia a diffondersi una certa malinconia. La folla mancherà, sotto il Decumano. Manca già.
È l’ultima notte e a godersela è il popolo interno a Expo. Quello che ha sgobbato per sei mesi, addetti alle pulizie e forze dell’ordine compresi.
“È tragica - racconta una quarantenne, assunta a termine dall’Amsa -. Da domani sono a casa. È stata un’esperienza bellissima e nel curriculum conterà pur qualcosa, ma qui tutto si ferma e il lavoro manca. Negli ultimi tempi ho inviato un sacco di richieste in giro, niente da fare. Checché ne dica Renzi…, la ripresa la vede solo lui”. Insomma, non va tutto bene come dice il premier…”Ci vorrebbe un’altra Expo, magari di sei-otto anni, così, per arrivare alla pensione…”.
A raggiungere l’orto di Slow Food, in fondo al Decumano, ci si impiega poco, non si deve fare lo slalom tra scolaresche, ragazzini, carrozzine. In fondo i camioncini elettrici di Amsa raccolgono gli scarti. Ma fuori dal McDonalds impazza la festa: i giovani che da oggi sono a casa, senza stipendio, celebrano sei mesi di fatiche, entusiasmo e nuove amicizie. Ballano sui tavoli i brani dei Village People e musica latinoamericana. Saltano e cantano e persino la rigidissima guardia di colore muove le gambe a ritmo, pur restando seria in viso.
C’è qualcosa di magico nell’aria. Lo spirito di Expo è ancora vivo. Un operatore dell’Indonesia si siede distrutto sui quadrati centrali in legno. Guarda sconsolato le porte chiuse. E sente tutta la malinconia di qualcosa di bello che si spegne.
Molti padiglioni sono deserti. Soprattutto lo sono i cluster. Solo nello spazio della Tanzania c’è musica. Ed è bello vedere ballare i ritmi africani con movenze che solo chi mastica quella musica da sempre conosce.
C’è festa davanti all’Irlanda (dove si vende ancora birra), all’Uruguay, in Olanda, sotto il padiglione del Cile, come a Terrazza Martini e a Terrazza Ferrari. In cima alle sfere dell’Azerbajan c’è una festa privata ed elegante.
Chi si vuole scatenare ha raggiunto il palco della Germania, dietro l’Ecuador. Saranno trecento a saltare e gridare. E ne arrivano altri, sbucano da ogni lato, con birra e bottiglie. Halloween non si percepisce, salvo due-tre cappelli da strega. C’è altro da celebrare. Poco più in là fa concorrenza la musica dal vivo della Svizzera, altri 150 sono lì. È mezzanotte e mezza, arriva pure Vittorio Sgarbi con il solito stuolo di belle fanciulle attorno. Lungo il cardo è il deserto. Anche l’Albero della Vita è spento, eppure poche ore fa brillava di luci tricolore in omaggio a questo grande successo di Milano e dell’Italia intera.
Lungo il Decumano è un fiorire di lacrime e abbracci. Si contano le spille dei diversi Paesi attaccate ai pass colorati, si fa memoria di cosa non si è riusciti a vedere pur vivendo praticamente qui dentro. Un gruppone di italianissimi volontari si muove come in corteo, con i suoi slogan. Tutti girano verso Cascina Triulza. L’altra grande festa è lì. Con tanto di dj sul palco. Qualche poliziotto, non in divisa, si lascia andare alle danze. “È finita, è un liberazione - dicono finalmente sorridenti -. Sei mesi in tensione, temendo che accadesse qualcosa di grave con tutta questa gente. Invece è andata bene, davvero bene”.
Dietro l’angolo il ragazzo che indossava il pupazzo di Foody, la mascotte multifrutta, si toglie il pesante fardello. È l’ultima volta. All’Expo centre c’è buio. Solo le luci della sala stampa sono accese, ma è tutto vuoto. Niente più mega redazione da duecento postazioni.
È l’una e trenta. Ai tornelli è tutto chiuso. Ci sono solo i guardiani a vigilare. Si deve passare da Cargo 6, costeggiare il perimetro e arrivare al parcheggio di via Risorgimento, a Rho. Se adesso è ancora pieno di macchine, da domani tornerà a vivere notti desolate. Peccato, da maggio a ieri nessuno ha avuto paura di girare a piedi o di salire su un treno oltre la mezzanotte. Adesso torna la normale desolazione. Almeno il cantiere è finito. O quasi.
Addio Expo! È stato proprio un bel viaggio, dal primo all’ultimo giorno. Adesso non si sprechi quel che lì dentro e qui attorno è stato costruito.