Ex parenti ed ex soci in affari, sia Mirko Rosa che Giacomo De Luca andranno ai domiciliari. Ma staranno a un migliaio di chilometri di distanza, il primo - che non è quindi più nella comunità di recupero per tossicodipendenti- al Nord, in attesa di essere collocato in una struttura terapeutica di tipo psichiatrico. Il secondo in Puglia.
Lo ha deciso martedì 3 novembre il gip Giuseppe Limongelli, accogliendo l’istanza presentata dagli avvocati Carlo Soldani, Francesca Cramis e Arianna Cremona, con il parere favorevole del pubblico ministero Nadia Calcaterra. Le indagini sono ormai chiuse, il rischio di inquinamento probatorio non c’è più, De Luca avrebbe tra l’altro già avviato un’operazione di rientro dei capitali esportati alle Canarie, così da risarcire in parte il danno erariale causato dagli affari illeciti dei compro oro. Un atteggiamento collaborativo che alla fine lo ha premiato. Il peggio, insomma, possono lasciarselo alle spalle, sia i due ex imprenditori che il resto dei ventinove indagati, tra cui la compagna di De Luca, Elisa Nicastro, difesa dall’avvocato Davide Toscani, Luca Rovellini (difeso dall’avvocato Carmine Farace), Mario Ambrosetti, (avvocato Mario Cometti), Andrea Fisichella (avvocato Andrea Rodelli). Sono loro le figure principali emerse dall’inchiesta Gold Finger, condotta dalla procura di Busto Arsizio e dalle fiamme gialle. Un’inchiesta che ha scoperchiato il coinvolgimento di un finanziere - ormai in pensione - del gruppo di Legnano che in cambio di 500 euro e assortiti regali di Natale avrebbe fornito a De Luca informazioni su indagini penali e amministrative in corso.
E come lui pure un carabiniere della compagnia di Legnano avrebbe dato una mano a De Luca raccomandandogli di non parlare di cose delicate al telefono, perché intercettato, e inducendo un testimone a rendere al pubblico ministero informazioni false.
Acclarata inoltre la responsabilità dell’ex suocero di Mirko nell’incendio dell’Hummer gialla bruciata nella notte tra il 20 e il 21 luglio del 2014 davanti al negozio di Castellanza. Del resto emerse anche dalle intercettazioni captate nel corso delle indagini. «Gli bruciamo tutto, un bel lavoro, non una fiammata di poco conto, se dobbiamo fare qualcosa deve essere qualcosa di grosso», disse De Luca ordinando il rogo. E altrettanto accertato è il proposito che aveva in animo per l’indomani di incendiare la Renault, la Limousine e le attività dislocate tra Castellanza e Legnano.
A questo punto ai trentuno indagati non resta che decidere se farsi interrogare un’ultima volta dal sostituto procuratore Calcaterra o se invece iniziare a valutare la scelta del rito. Va detto che molti di loro hanno già proposto un patteggiamento, che dovrà essere vagliato dal gup. Una via che Rosa però difficilmente potrà percorrere perché per reati di questa natura l’accordo sulla pena si può raggiungere solo dopo aver restituito il denaro sottratto allo Stato. Lui, però, di soldi dice di non averne più. Secondo gli inquirenti, potrebbe averli consumati concedendosi ogni sfizio e appagando ogni desiderio, vivendo insomma come una star hollywoodiana, tra serate in discoteca, fuoriserie, viaggi intorno al mondo e ogni genere di comfort.