Non verrà ascoltata Elena Romani durante il processo per l’omicidio della sua piccola Matilda che, da fine ottobre, si è aperto a carico dell’ex compagno Antonio Cangialosi.
Lunedì 16 il gup di Vercelli Fabrizio Filice ha respinto la richiesta degli avvocati Tiberio Massironi e Roberto Scheda di sentire la ex hostess legnanese che, come è noto, è stata assolta con formula piena in tutti e tre i gradi di giudizio. E ha respinto anche la riproposizione dell’esperimento giudiziale svolto all’epoca della corte d’assise, quando l’imputata era proprio la mamma di Matilda Borin. Fu un atto istruttorio importante, che ripercorreva gli istanti in cui Elena uscì dalla villetta per stendere i panni lavati dal vomito di Matilda, lasciando la bimba da sola con Cangialosi, che in quel momento le stava calzando una bandana sulla testa. Quindi al centro del procedimento contro Cangialosi per ora ci sono le intercettazioni di Elena Romani: ieri è stato conferito l’incarico per l’ascolto e la trascrizione di quel soliloquio che la donna fece mentre era in macchina da sola, subito dopo la tragedia avvenuta il luglio del 2005 a Roasio.
Le frasi topiche, quelle che crearono fratture profondissime tra accusa e difese, sono contenute negli atti del processo alla madre. «Mati aiutami amore mio...oh ma non posso pagare per una cosa che non ho...non ho fa..., Matilda aiutami amore della mamma», si rivolse singhiozzando alla figlia, come parlasse alla sua anima. Questa è l’interpretazione di Davide Zavattaro, colonnello del Ris esperto di fonica nominato all’epoca dai giudici dell’assise. Il perito della procura però la lesse in un altro modo: «Mati aiutami amore mio...ah, ma non posso pagare per una cosa che non volevo fare». La differenza è abissale. E ancora, secondo Zavattaro «...forse è colpa di An... è colpa di Anto eh?», mentre, di contro, il consulente dell’accusa «Sarà per quello che io mi sono...ma la colpa è di Anto».
E si tratta solo di alcuni dei passaggi fondamentali da analizzare per l’ennesima volta. Si tornerà in aula il 7 marzo. La tragedia risale a dieci anni fa. Elena e Matilda - nata dal matrimonio con il bustese Simone Borin - quel weekend erano ospiti del body guard - difeso dagli avvocati Andrea e Sandro Delmastro - nella sua casa piemontese. Quel pomeriggio Matilda aveva vomitato. Elena lavò la biancheria sporcata dalla figlia, la mise a sedere accanto all’uomo e scese in cortile a stendere i panni. Mentre era alle prese con i panni udì le urla del compagno che la richiamava in casa: salita, Elena trovò Cangialosi con la piccola tra le braccia priva di sensi. L’autopsia rivelò che il decesso avvenne a causa di lesioni al fegato, a un rene e a una costola, compatibili con il tentativo di un adulto di bloccare i movimenti della bambina con una forte pressione sulla schiena. Ossia con un calcio. Ora Cangialosi è accusato di omicidio preterintenzionale.
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I misteri della piccola Matilda
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