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«Aperti gli occhi a chi era scettico»

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«Aperti gli occhi a chi era scettico»

Presente e futuro del Club Italia, le lacune tecniche del nostro volley, i settori giovanili e un sogno d’oro per le Olimpiadi: quelle del 2020. Il c.t. azzurro MarcoBonitta parla del movimento cominciando, però, da quella previsione di vittoria a cinque cerchi fatta qualche tempo fa in un’intervista radiofonica.

Oro olimpico nel 2020, ma con quale sestetto?

«Difficile da dire adesso - sorride il commissario tecnico azzurro - ma si può accennare: Egonu tra quattro anni sarà una delle prime tre schiacciatrici al mondo; spero che Diouf, che sta progredendo, faccia ulteriori passi avanti; il ruolo di palleggiatore potranno dividerselo Malinov e Orro che avranno 24 e 22 anni; al centro Chirichella ha margini di miglioramento, poi ci sono Danesi e altre che possono ambire ad essere titolari in questa squadra del futuro che potrà lottare per vincere l’Olimpiade. Nella prossima e più vicina che dobbiamo ancora conquistare, faremo fatica ad avere pensieri di gloria».

- L’Italia è in una fase di passaggio nel ruolo di palleggiatrici: lei ha iniziato con Aguero, affidandosi poi a Lo Bianco, Signorile e Ferretti. Adesso c’è Orro che è giovanissima: segnale che dopo Lo Bianco c’è stato il vuoto, perché?

«La grande qualità di Lo Bianco giocoforza ha soffocato tutte le altre. Da palleggiatrice straordinaria, nel tempo ha sbarrato l’accesso al vertice a quelle che si sono succedute come seconde e che a differenza delle nostre giovani non hanno avuto la possibilità di fare esperienza e si sono fermate. Probabilmente nessuna di loro era così talentuosa: questi fattori hanno determinato il mancato ricambio generazionale. Ora abbiamo due giovani che sono di tre generazioni avanti rispetto a Lo Bianco e Ferretti e che stanno facendo passi per colmare questo buco. Ma il problema l’abbiamo anche tra i liberi e tra i ricettori attaccanti».

- Dal bagher di Marcon (33 anni) a quello di D’Odorico (19 anni), si fatica a vedere un’italiana eccellere in questo fondamentale.

«Parto da Marcon: sono consapevole che ha grandi qualità nei numeri e nelle percentuali, ma se un’atleta non vuole giocare in Nazionale il problema è già risolto. D’Odorico ha un bagher molto interessante ed è un giocatrice di prospettiva. Purtroppo non ne abbiamo altre. Mi piace molto Alessia Gennari che ha un bagher importante e che sarà utile alla Nazionale. In effetti, c’è questo stacco perché allenare il bagher è sempre meno nella testa degli allenatori: per loro è più facile creare gli attaccanti e gli opposti; ed è più agevole sviluppare i centrali che devono fare due/tre cosine, mentre allenare i ricettori è meno immediato. Se si fanno le giovanili fino ai 16 anni, come era prima il Club Italia, è chiaro che emergono i centrali perché sono i primi a mostrare le qualità. Ma prima di attaccare, nella pallavolo dobbiamo fare il primo tocco con i ricettori e il secondo con i palleggiatori e nell’alto livello siamo in difficoltà. È bello vincere titoli mondiali con le giovani - aggiunge Bonitta - ma il vero passaggio è quello nella Nazionale maggiore e in serie A1. C’è bisogno di spendere del tempo ed avere pazienza».

- Oltre la specializzazione: lei ha voluto Pupo Dall’Olio nello staff azzurro per allenare le palleggiatrici ed i liberi. Ed ora i progressi di Alessia Orro e di Ilaria Spirito impressionano.

«Dall’Olio ha dato un impulso a una situazione iniziata nella scorsa annata con l Club Italia in A2 con Mencarelli, ma non dimentichiamo Giuseppe Galli che ha iniziato un lavoro specifico con Orro ed i liberi avendo l’incarico di allenare in modo particolareggiato questi ruoli. Abbiamo affinato il lavoro su questi due ruoli: Spirito ha risolto i problemi fisici, ha una grande qualità mentale, ottima motivazione e le piace il ruolo di “comandante” all’interno della squadra dov’è la più “vecchia”. Anche questa è una scelta: il libero deve avere un grandissimo peso dal punto di vista mentale».

Le azzurrine hanno avuto la prima formazione in società venete e lombarde, regioni dove operano club come San Donà con Giannetti e Orago con Bosetti: un caso?

«Non è un caso che escano continuamente giocatrici da San Donà e da Orago: la mia visione è che la Fipav debba stare molto vicina alla base ed a questi settori giovanili. Li deve incentivare e potenziare: entro in un campo che non è mio, ma ritengo che debbano ricevere anche un aiuto economico, perché se questi club spariscono viene meno anche anche la ricchezza del settore femminile. Questi centri devono lavorare fino ai 17/18 anni, poi entra in gioco il CIub Italia facendo una sintesi che non va comunque effettuata troppo presto perché si rischia di puntare su qualche “cavallo” che non arriva in fondo oppure di non vedere una purosangue che a 15/16 anni ancora non è pronta. Il Club Italia deve giocare in A1 o A2, i settori giovanili in B1 e B2. Nelle altre regioni - aggiunge il c.t. - sarebbe da adottare la strada delle accademie regionali, con la Federazione capace di trovare il modo di inviare qualche maestro a dirigerle per formare non solo giocatrici ma pure una nuova schiera di allenatori che possano restare sul territorio».

Parlando di campionati: così com’è, la serie A2 non è appassionante né formativa.

«Sono d’accordo: tra A1 e A2 c’è un abisso. La prima di A2 viene presa a pallate dalla decima di A1 e, visto che il livello è questo, virerei su una struttura con una o nessuna straniera per squadra e con le under 21 in campo. Ma senza mettere troppi limiti sulle over perché sono importanti per far crescere le under. Per le giovani è formativo il confronto quotidiano con ragazze più esperte che lottano per il posto e per lo stipendio della stagione successiva».

Il campionato ha finora proposto qualche giocatrice nuova per la Nazionale?

«Non mi pare di vedere atlete fare cose molto importanti rispetto alla scorsa annata. Sta facendo molto bene Sara Loda: non è giovanissima, ma gioca partite di alto livello con continuità. Mi ha stupito».

Caterina Bosetti dov’è finita nel borsino del c.t.? È stata la migliore dei Mondiali juniores 2010 ed ha già fatto un’Olimpiade...

«I premi e le vittorie giovanili non sono il termometro per valutare le giocatrici. Della sua annata c’è Ting Zhu, la schiacciatrice cinese non considerata all’epoca e che ora è una delle tre migliori al mondo. Caterina resta una ricchezza, è in grado di recuperare il posto e con me si è sempre comportata bene: chiaro, però, che non giocare e non avere ritmo le sta facendo passare davanti altre giocatrici».

Il suo esempio dev’essere un monito per le ragazze del Club Italia che nella prossima stagione andranno nei club?

«Finora sono state messe sul mercato atlete che mentalmente non erano pronte a conquistarsi il posto. La differenza dev’essere nella gestione della maturità psicologica della giocatrice: tecnicamente e come colpi d’attacco e qualità del salto, Egonu potrebbe giocare già nelle squadre da scudetto, ma non è pronta mentalmente, ha ancora la testa di una 17enne. Il Club Italia deve accompagnare questi giovani talenti nella gestione dei propri errori: se fossero messi nel calderone del campionato sarebbe uno sbaglio, perché non sono pronte a gestire questo salto di qualità a livello mediatico in un ambiente che è sempre più difficile. La capacità di chi sta vicino a una giocatrice giovane - ammonisce Bonitta - dev’essere non solo quella di contare quanti palloni mette per terra, ma cercare di aiutarla a capire un mondo che non è semplice. Orro ed Egonu resteranno nel Club Italia a fare l’A1 anche nella prossima annata ed a completare il percorso scolastico».

Lezione imparata dai club quella che far giocare giovani italiane è conveniente e paga anche quanto a risultati?

«Il Club Italia ha aperto gli occhi a chi era molto scettico. Il fatto che la Lega abbia comunicato alla Federvolley che sia un patrimonio per il movimento e che sarà in A1 anche nella prossima stagione è un segnale importante. S’è capito che siamo una risorsa e non una minaccia. Danesi, Malinov, Guerra e quelle andranno a giocare nei club sono pronte ma non per fare gruppo bensì per essere trattate da titolari. Che non vuol dire avere il posto a priori, ma essere un valore aggiunto».

Ma ci sarà spazio per le giovani che non siano le top?

«Vedremo se qualcosa è davvero cambiato: dovranno magari sgomitare di più ma in club come Busto, Vicenza, Bolzano, Firenze e Montichiari, a mio avviso, spazio ce ne sarebbe».


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