Negli anni del boom economico si è guadagnata la fama di Manchester d’Italia, proprio per il grande sviluppo industriale legato, in primis, al settore tessile, ma anche a tutti i settori del manifatturiero. Poi ha attraversato periodi di crisi, durante i quali le fabbriche hanno lasciato il posto ad aree dismesse e i telai si sono fermati. Non tutti, però. La dimostrazione c’è oggi, proprio quando si cominciano a vedere dei flebili segnali di ripresa dopo gli anni bui della crisi. Proprio oggi, Busto Arsizio si guadagna la medaglia d’oro per densità di imprese per chilometro quadrato. Sono 24,1, un risultato che supera sia Monza che Milano. Salgono poi sul podio Saronno con 15,2 e Gallarate con 13,4. Quarto posto per Tradate che segna 9,8. Seguono a distanza il centro e il Nord della provincia con Varese con le sue 6,2 aziende e Laveno 4,1, su livelli al di sopra o in linea con la media regionale. Chiudono la graduatoria Sesto Calende con 3,8 imprese per chilometro quadrato e Luino con 1,1. I numeri emergono da una elaborazione dell’ufficio studi dell’Unione Industriali su dati Movimprese. Ciò che emerge con forza, in ogni caso, al di là della classifica provinciale e lombarda, è la forte vocazione manifatturiera della provincia di Varese. Nonostante tutto.
Sì perché la crisi, si sa, ha colpito pesantemente anche questo territorio e le imprese, nel corso del 2015, hanno fatto ancora marcia indietro. Il bilancio è secco: l’anno scorso si è chiuso con 9.143 imprese manifatturiere attive, l’1,8% in meno rispetto al 2014. Ma ciò che conta è che ciononostante Varese tiene sotto il profilo della densità manifatturiera: sono 7,6 le imprese industriali per chilometro quadrato, contro una media lombarda di 4,1 e una italiana di 1,7. A livello regionale sono pochi i territori che fanno meglio e che possono dunque dirsi più industriali del Varesotto.