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«Se n’è andato nel luogo che amava»

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«Se n’è andato nel luogo che amava»

Una caduta accidentale: non sembrano esserci più dubbi sulla causa della morte di Paolo Rindi, il diciannovenne scomparso il 2 febbraio in Val Grande. Giovedì 3, all’obitorio ospedaliero di Verbania, il medico legale Carola Vanoliha effettuato l’esame esterno, disposto dalla Procura, sulla salma del ragazzo; è stato anche prelevato del sangue per gli esami tossicologici.

Secondo i primi riscontri, lo studente di filosofia avrebbe perso la vita, probabilmente sul colpo, in seguito alla caduta di diversi metri nel dirupo, fino al greto del rio sottostante, un affluente del rio Pogallo. Sono state infatti riscontrate diverse fratture e traumi giudicati compatibili con l’ipotesi da subito avanzata dai carabinieri di Verbania. L’avvocato Alberto Zanzi ha seguito la famiglia Rindi fin dall’inizio della vicenda: «Ho parlato con la Procura e ho saputo che secondo i primi esiti dell’esame esterno la causa della morte sarebbe stata proprio la caduta -spiega il legale- Attendiamo la conferma definitiva e la restituzione della salma».

Il nullaosta alla sepoltura dovrebbe arrivare oggi, poi la famiglia potrà organizzare l’estremo saluto: una cerimonia del commiato con rito laico che si svolgerà, in un luogo ancora da definire, ma non prima di metà della settimana prossima, con testimonianze e musica degli amici.

Intanto per la famiglia e gli amici queste sono le ore del dolore, dopo aver sperato a lungo in un lieto fine. Anche se il cuore di mamma Fiammetta già aveva intuito la verità: «Ci siamo illusi, ma io me lo sentivo fin dall’inizio. L’idea della fuga mi sembrava una follia. Seppur con un dolore enorme, almeno so che è morto nel posto che amava tanto». Con la mente ritorna al 2 ottobre di quasi vent’anni fa: «Paolo è nato da solo, in casa, in via Misurina a Induno Olona, in dieci minuti. E da solo è morto. Forse è un segno del destino». La consapevolezza che il suo ragazzo, sognatore e amante della musica, fosse volato via tra quei monti traspare anche dalle parole che mamma Fiammetta ha postato su Facebook mercoledì mattina, pochi istanti prima di ricevere al telefono la terribile notizia. Aveva appena riletto gli ultimi sms che Paolo le aveva scritto: «Li ho letti e pianto tanto, lo rivedo dopo ogni messaggio felice di aver raggiunto la sua meta, guardare i paesaggi, gli animali e la notte le stelle se non c’era la nebbia nella valle, sulla montagna, fuori da un bivacco e nella natura che lui amava tanto e in un angolo tranquillo su un prato o sotto un albero a scrivere una poesia o un pezzo di un racconto».

Fiammetta -che ora vuole ringraziare pubblicamente le forze dell’ordine e i soccorritori che in questo mese si sono prodigati per ritrovare suo figlio- ripensa alle tante passioni di suo figlio: «Lui parlava sempre del “suo lavoro” e con questo intendeva lo studio, la scrittura, la lettura, suonare il piano e la tastiera, comporre musica e ascoltarla il suo gruppo che lo aspettava per le prove al martedì sera, programmare i vari cammini. Mi diceva sempre “sto lavorando”, questo per lui era la vita a Varese, e non dimentico gli amici per i quali stravedeva e voleva passare le serate con loro in un locale a sentir musica, a un concerto, a casa a vedere un film e discuterlo poi fino al mattino, e andare al Sacro Monte con loro a bere una buona bottiglia di vino e chiacchierare di musica, della vita e di filosofia che lui amava tanto, e sicuramente farsi delle sane risate».


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