Un argomento di grande attualità, cinque relatori di primo livello, due “ospiti” di prestigio e un parterre de roiscomprendente personaggi della politica e dello sport - tra gli altri Gigi Farioli, sindaco di Busto Arsizio, Marco Caccianiga, delegato provinciale del Coni, Alberto Armiraglio, assessore allo Sport di Busto, Enzo Barbaro, team manager dell’Uyba, Andrea Meneghin, bandiera della Pallacanestro Varese, e Giancarlo Salvetti, presidente provinciale della Federbasket - hanno fatto del workshop“Educazione allo Sport: gli atleti adolescenti nell’era dei social media”, pensato ed organizzato da La Prealpina con Openjobmetis e Unendo Yamamay e patrocinato dalla Città di Busto Arsizio e dall’Università degli Studi dell’Insubria, un evento di grande richiamo. Oltre 200 le persone che, tra allenatori, giocatori, dirigenti di società sportive, docenti e gente comune, hanno riempito la Sala Tremogge dei Molini Marzoli a Busto Arsizio incuriositi da un tema dalle mille sfaccettature e trattato da chi di social media e con gli adolescenti tratta ogni giorno, ossia il professor Gianmarco Gaspari, presidente del corso di laurea in Scienze della Comunicazione all’Università dell’Insubria che ha introdotto il dibattito, ed il professor Luca Stanchieri, fondatore e direttore della Scuola italiana di Life & Corporate Coaching.
Sul palco - nel dibattito moderato dal nostro Antonio Triveri - c’erano Paolo Moretti e Marco Mencarelli, coach di Pallacanestro Varese e Futura Volley Busto Arsizio, e il general manager nonché coordinatore del settore giovanile-centro minibasket della stessa OJM, Massimo Ferraiuolo. Ad aprire la serata il saluto del sindaco uscente di Busto, Gigi Farioli, seduto in prima fila accanto al nostro editore Daniela Bramati, accompagnata dai figli Davidee Paola: «Lo sport è lo specchio dell’educazione della vita, aiuta a non sentirsi passivi e abitua a sentirsi protagonisti nel rispetto degli altri e delle regole». Entrando nella discussione Moretti, allenatore e padre di due ragazzi, ha spiegato il ruolo che rivestono genitori, allenatori e professori per gli adolescenti di oggi: «Sono tutte figure di riferimento che, prima ancora che con le parole, devono dare con l’esempio un grande segnale a chi li ascolta, che essi siano figli, giocatori o alunni». Sulla stessa lunghezza d’onda Mencarelli, anch’egli con due figli della stessa età in famiglia: «Non c’è forma più efficace di trasmissione di un principio e di una regola che esserne sostenitori nel comportamento e nel rispetto. La regola unisce perché mette tutti sullo stesso piano».
Certo che oggi con i social network è più difficile il ruolo di padre e di allenatore: «All’inizio del mio percorso con le Nazionali giovanili - prosegue il tecnico della Uyba e c.t. della Nazionale prejuniores - erano in poche ad avere i mezzi tecnologici, che erano visti come strumenti per stare insieme. Oggi, invece, smartphone e iPod li hanno tutti, quindi il pericolo è che questi tendano a isolare. Durante il collegiale ci sono tre regole: sono qui per allenarmi, per farlo devo mangiar bene e per far bene entrambe le cose devo riposare. Dunque, l’uso dei social è circoscritto al resto del tempo, che è poco».
Chiusura tranchant per Stanchieri: «Considero i social media un pericolo perché chiudono al dialogo. Io dico agli allenatori ed ai genitori di trovare almeno venti minuti ogni mese per avere un rapporto “uno a uno” con il proprio atleta o con il proprio figlio: se si parte da questo, ben vengano pure i social media, a condizione però che gli adulti li controllino almeno fino all’età dei 18 anni».
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