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Da Bentivoglio a Abatantuono

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Da Bentivoglio a Abatantuono

È stata la rivelazione de “Il capitale umano”, il film girato a Varese da Paolo Virzì; da oggi Matilde Gioli è di nuovo al cinema; accanto a Diego Abatantuono nella commedia “Belli di papà”, proposto in 400 sale. E a inizio dicembre la vedremo nel drammatico “Un posto sicuro”.
Dunque è deciso: attrice di professione. Galeotto fu un volantino?
«Sì, mi ha cambiato la vita. L’ha visto mia madre e mi ha detto che cercavano comparse per il film; mi sono presentata al provino senza pensarci più di tanto. É andata bene»
La sua Serena Ossola ha convinto tutti e le ha permesso di conquistare qualche premio; non male per un debutto.
«Il merito è di Virzì che mi ha accompagnato, guidato, dandomi fiducia e tranquillità. Sono stata fortunata. Fino ad ora nel cinema ho lavorato in squadre affiatate, in un clima ideale. Da parte mia cerco di accostarmi alle persone, tutte, nel modo più positivo possibile ma mi sembra di capire che lo facciano anche gli altri».
Che tipo di papà è Abatantuono?
«Quello ideale, mi sono affezionata molto a lui. Nel film però non andiamo tanto d’accordo, soprattutto non va d’accordo con il mio fidanzato che chiama coglionazzo».
A torto?
«Diciamo che è come il mio personaggio, Chiara. Più che fare qualcosa di male, non fa. Pensa solo allo shopping, al divertirsi, all’apparenza. Insomma poca sostanza. Uguale ai suo fratelli interpretati da Andrea Pisani e da Francesco Di Raimondo. Per questo il padre, imprenditore di successo, escogita un piano per educarli alla vita reale. Magari un po’ brutalmente».
Guido Chiesa ci ha abituato a film di altro tipo, difficile immaginarlo regista di una commedia.
«È molto bravo anche qui e poi “Figli di papà” fa ridere ma non solo; qualche spunto di riflessione c’è».
Temi comunque leggeri rispetto a “Un posto sicuro” di Francesco Ghiaccio che affronta l’eternit.
«Sì, l’abbiamo girato a Casale Monferrato, la città pesantemente colpita da questa tragedia. Sono una ragazza che ha una storia d’amore con Luca (Marco D’Amore), figlio di un operaio della fabbrica d’amianto. Siamo alla vigilia del primo grande processo ai padroni».
Ciak a tutto tondo; e la sua laurea in Filosofia con tanto di tesi sull’etica aristotelica?
«Non la rinnego, anzi. Gli studi classici mi stanno aiutando nella professione e nella vita. Tradurre dal greco e dal latino serve tantissimo».
C’è qualcosa che le manca della vita precedente?
«Il nuoto sincronizzato; assenza seria».
Più tornata a Varese?
«No e pensare che prima del “Capitale umano” ci venivo spesso. Rimpiango un po’ le feste in casa di amici varesini; spero mi invitino di nuovo».


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