Altro che bamboccioni: ci sono giovani che, lasciata l’Italia, scelgono una strada irta di difficoltà ma anche ricca di soddisfazioni. E’ il caso di un varesino, anzi, di un masnaghese, che da un mese in mezzo si trova in Perù, sul lago Titicaca. E’ Carlo Botti, 31 anni, laurea magistrale della Bocconi conseguita a 25 e un presente fatto di cooperazione internazionale. Una strada e una scelta percorse con tenacia, senza falsi idealismi, mettendo anche a frutto gli studi di giurisprudenza a sfondo economico: un percorso partito da un’esperienza di volontariato in Bolivia quando ancora la laurea era lontana. «Ora lavoro per una ong italiana, la Coopi», racconta lui, riferendosi a una struttura tra le più grandi del settore, che può contare anche sul finanziamento di grandi “donors”. Una ong che lavora come un’impresa, «ben strutturata, con persone preparate: solo così si è in grado di essere davvero utili», spiega senza troppi giri di parole. Ma prima, un background che pone al primo posto le lingue è fondamentale: inglese, spagnolo e portoghese parlati come l’italiano, un po’ di francese imparato sul campo, nella Repubblica del Congo, sono stati fondamentali. Anche se tutta la preparazione del mondo, Carlo non lo dice ma è più che evidente, non sarebbe sufficiente senza la forza di volontà e di carattere che l’ha portato, ormai da 12 anni, a vivere lontano da Varese, in luoghi difficili del pianeta, insieme con chi campa di nulla, nelle favelas, sotto il sole dell’Africa, in mezzo al gelo delle montagne del Perù, dov’è ora. Ed è una vita che procede “a progetto” (questo durerà sino a fine settembre): poi via, si va altrove. «Io, dopo la laurea, sono finito prima in una società di gestione di una banca a Milano, ma non faceva per me», dice Carlo. In breve tempo capisce che la cooperazione non è volontariato, ma appunto, un’impresa, con un lato amministrativo ben organizzato. In 12 anni, i progetti si accumulano: dopo il Congo va a Rosario, in Argentina, quattro ore da Buenos Aires, per un progetto educativo rivolto ai ragazzi delle scuole tecniche di periferia, «Classi da 30, insegnavamo ecosostenibilità, con lezioni interattive che non dimenticavano il lato culturale, per smuovere un po’ questi ragazzi», ricorda Carlo con un sorriso. Poi eccolo in Perù, per un anno, a Lima, quindi sul lago Titicaca con un programma di microcredito riservato ai giovani; a 4000 metri, su quel lago, è ritornato ora, con la Coopi. Nel 2014 è in Burundi. Da lì, con la onlus “Il Sorriso dei miei bimbi”, troviamo Carlo al lavoro nella favela Rocinha a Rio de Janeiro. «Quella è stata l’esperienza che più mi ha fatto crescere - racconta - C’era da pensare alla contabilità, a gestire le popolazioni locali, in pratica a tutto. No, non mi sono mai sentito in pericolo, anche se ho visto dei morti, in favela, e ho assistito a sparatorie tra la polizia e i boss del narcotraffico che le governano. Certo, se ti si accostano per portarti via il cellulare o isoldi, bisogna darli, senza opporre resistenza». Perché la vita vale di più.
«Da Varese al mondo, aiutando chi ha bisogno»
Tassa sui tavolini all’aperto. È scontro
Una categoria stanca di essere vessata per avere in cambio poco: così si sente chi gestisce un bar o un ristorante, alle prese ora con un nuovo incubo, l’ipotesi che venga aumentato fino al 50% il Cosap, il Canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, ossia la spesa annuale per i tavolini, gli ombrelloni e le sedie all’aperto. Una polemica che da giorni tiene banco e che ha visto già dei faccia a faccia tra gli amministratori e l’Associazione commercianti (proprio per raccogliere i pareri degli operatori la giunta ha sospeso il provvedimento): per stasera, 21 marzo, era stato fissato un incontro alle 20 nella sede Ascom con il sindaco Davide Galimberti e l’assessore al commercio Ivana Perusin, ma è stato rinviato per permettere la convocazione di una giunta straordinaria. Il messaggio per Palazzo Estense arriva comunque forte e chiaro: «Stiamo vivendo un momento di pesante crisi economica, non vediamo un aumento dell’attrattività della città, non abbiamo tempo di aspettare - sbotta Antonella Zambelli, presidente di Fipe Varese, la Federazione pubblici esercizi di Confcommercio -. Ora non siamo in grado di sopportare un ulteriore aumento, anzi il Cosap andrebbe addirittura diminuito, come la tariffa rifiuti. Non è una richiesta equilibrata perché vengono utilizzati dei coefficienti troppo alti. Un balzo fino al 51% è inaccettabile».
Il primo punto è proprio questo: secondo la proposta della Giunta, fra il centro storico e l’isola pedonale, gli aumenti potrebbero raggiungere i 600 euro annui e toccare punte del 36% per un plateatico di 25 metri quadrati circa. Ma Ascom ha studiato il documento nei dettagli e ribatte: la tariffa verrebbe alzata in media per tutti del 36%, ma per chi opera nelle Ztl (zone a traffico limitato), nelle aree pedonali e sugli stalli di sosta blu, aumenterebbe anche il coefficiente moltiplicatore (da 1.1. a 1.5) che concorre ad avere la cifra finale. Un esempio: per 24 metri occupati dai tavolini in Ztl si passerebbe da 1.500 euro all’anno a oltre 2.268. Sono 763 euro: quasi il 51% in più. Una batosta: «Si tratta di un aumento sproporzionato e ingiustificato, che arriva per di più a inizio stagione, quando un imprenditore ha già fatto dei calcoli sull’investimento necessario in base all’anno passato, non certo prevedendo tariffe nuove così alte - aggiunge Roberto Quamori Tanzi, direttore di Ascom -. Davvero si rischia di rovinare il periodo più atteso dell’anno con un cambiamento a carte in tavola assurdo, considerando che la tazzina di caffè è aumentata del 10% in 15 anni. E che la crisi ha ridotto consumi e ricavi».
Gli operatori parlano anche di tariffe più impegnative rispetto ai centri simili, Gallarate, Busto Arsizio, Novara, Monza. «Così salta la giusta concorrenza fra territori, ricordiamo poi che Varese ha già la tariffa rifiuti (la Tari) più alta d’Italia».
Cavi tranciati in cantiere: 300 senza telefono
Sono esasperati i cittadini di Arcisate, ancora una volta alle prese con un problema causato dai lavori di realizzazione della ferrovia Arcisate-Stabio. L’opera è in corso ormai da sette anni e ha creato tanti disagi ai residenti in questo Comune e ad Induno Olona dove i cantieri si trovano all’interno degli abitati.
Da domenica mattina sono muti i telefoni fissi, manca la connessione a internet e risulta difficoltosa anche quella con i cellulari in una vasta zona del paese. Nella notte tra sabato e domenica, durante lavori di scavo nel cantiere in via Cavour, dove è in corso la realizzazione di un sovrappasso carrabile, sono stati tranciati cavi in fibra ottica e quelli in rame, lasciando senza connessione almeno 300 utenti.
Sono state interessate gran parte della via Cavour sino alla zona industriale del paese e altre strade circostanti come, tra le altre, le vie Campi Maggiori, Comolli, Pascoli, Lagozza, Torni.
Sono rimasti senza telefono e connessione a internet non solo molte utenze domestiche, ma anche fabbriche e uffici. Per l’assenza della linea, ieri non hanno potuto operare gli sportelli per le prenotazioni di visite ed esami nella palazzina degli ambulatori di Ats e Asst in via Campi Maggiori. Un cartello avvisava gli utenti del disservizio. L’Asst ha comunicato che la sede di Arcisate «è in difficoltà a causa di un guasto che ha coinvolto sia la rete di telefonia fissa sia la rete dati. Il guasto è correlato ad alcuni lavori che si stanno svolgendo in zona e che non sono di competenza di questa amministrazione. Gli operatori in servizio negli ambulatori, nel Cup, nel punto prelievi e nella sede territoriale stanno cercando di ridurre al minimo l’impatto sugli utenti, ma molte operazioni sono precluse o stanno comunque subendo dei rallentamenti. Ci si scusa per i disagi e si invitano i cittadini a rivolgersi per le pratiche più urgenti alle altre sedi aziendali».
Al supermercato della catena Tigros di via Cavour i clienti potevano effettuare i pagamenti solo in contanti ed è rimasta senza linea anche la farmacia comunale che si trova nello stesso edificio.
Sin da domenica i tecnici di Tim erano al lavoro per riattivare la linea. L’intervento è proseguito ieri. Con un collegamento provvisorio si conta di ripristinare in giornata il collegamento con la fibra ottica che interessa alcune utenze e di rimettere in funzione la stazione radio base della telefonia mobile di via Cavour, che copre la zona. Ci vorrà più tempo, forse alcuni giorni, per riparare i cavi in rame che si trovano tra il cemento, che servono la gran parte delle utenze fisse rimaste senza linea.
I lavori dell’Arcisate-Stabio hanno comportato lo spostamento dei sottoservizi e i nuovi cavi della telefonia sono stati posati, ma non ancora collegati. Quelli tranciati sono i vecchi cavi. Tim ha diffuso un comunicato: «È stata avviata un’azione per l’accertamento delle responsabilità e conseguente risarcimento di tutti i danni subìti in merito al danneggiamento di alcuni cavi in fibra ottica e in rame ad elevata potenzialità trasmissiva nella zona di Arcisate e Bisuschio (in questo paese solo per la telefonia mobile) da parte di terzi. L’incidente, particolarmente grave, ha avuto ripercussioni sul traffico voce fisso, mobile e internet. I tecnici di Tim, prontamente intervenuti, stanno lavorando senza soluzioni di continuità per ripristinare il servizio nel più breve tempo possibile».
Tim precisa inoltre : «L’impresa appaltatrice dell’Arcisate-Stabio era stata avvisata che non era possibile effettuare lo spostamento dei cavi nei tempi richiestici e della posizione dei vecchi cavi».
Altro servizio sulla Prealpina del 21 marzo
Uomo precipita da un balcone e muore
Tragedia questa mattina, 21 marzo, in una casa di cura di Cuvio. Un uomo di 73 anni, ospite della struttura, per cause ancora in fase di accertamento, è caduto da un balcone, intorno alle 5.30, rimanendo incastrato nella sottostante recinzione. Immediati i soccorsi dei Vigili del fuoco di Luino e Laveno Mombello che lo hanno liberato tagliando con cesoie l’inferriata. L’uomo è stato trasportato in ospedale. Ma non ce l’ha fatta. È deceduto.
Polpette infarcite di chiodi
Polpette di carne avvelenate. Lasciate in giro all’aperto con lo scopo, evidentemente, che qualche cane le mangi.
Le ultime segnalazioni giungono dalla cittadina al confine con la Svizzera dove, in almeno un paio di posti, sono stati trovati dei bocconi molto pericolosi. A pochi giorni di distanza sono stati rinvenuti nei pressi del parco Hirschhorn, a due passi dallo stretto situato nella frazione di Lavena, e dall’altra parte del paese, lungo la Tresa. In entrambi i casi si tratta di aree particolarmente amate dai padroni di cani dove, grazie alla zona pedonale e all’assenza di auto e veicoli, in molti vi portano i propri animali domestici per una passeggiata.
Fuga su un’auto rubata. Presi
Polizia di Stato, carabinieri e polizia locale di Busto Arsizio sono intervenuti oggi, 21 marzo, alle ore 9, in via XX settembre, a ridosso del centro, per un’auto rubata che era in circolazione. È scattato così un inseguimento a sirene spiegate durato quasi tre chilometri. Il veicolo rubato è stato infatti abbandonato dai due occupanti in via Stelvio, al confine con Gallarate. I malviventi hanno proseguito la fuga a piedi, cercando di scavalcare il cancello di una proprietà privata ma sono stati bloccati dagli agenti di polizia e da quelli della polizia locale. Alcuni testimoni dell’inseguimento avrebbero sentito anche colpi di pistola.
Largo Flaiano, dopo le polemiche ecco i lavori
Assessore e tecnici di Palazzo Estense insieme sull’asfalto di largo Flaiano. Una manciata di minuti per verificare quanto già si sapeva e per controllare planimetrie, distanze, misure. Poi la decisione, attesa: la segnaletica orizzontale sarà ripristinata.
Ancora un paio di giorni d’attesa, condizioni meteo permettendo, e quel tratto di strada a sei corsie sopra i binari della ferrovia, nodo nevralgico per il traffico in ingresso e in attraversamento della città, non sarà più “terra di nessuno”.
L’eco delle segnalazioni di automobilisti e residenti, amplificata dai cronisti, è dunque arrivata fino a Palazzo Estense e ha indotto il sindaco Davide Galimberti e l’assessore con delega ai lavori pubblici Andrea Civati a intervenire per ricreare condizioni minime di sicurezza nel punto d’incontro tra l’Autolaghi e altre sette strade varesine.
«L’intervento sarà completato entro fine settimana - ha confermato Civati il 20 marzo -. In questi giorni l’impresa che ha ottenuto l’appalto delle manutenzioni stradali in questi giorni sta lavorando a Biumo Superiore e subito dopo si trasferirà in largo Flaiano».
Strisce e frecce di vernice bianca e gialla delimiteranno le zone di transito, i punti di arresto, le direzioni di marcia e le corsie riservate agli autobus e ai taxi.
Il “restauro” sarà esteso anche agli attraversamenti pedonali oggi fatiscenti.
La segnaletica orizzontale - hanno concordato i tecnici del municipio - è stata consumata a causa dei carichi di traffico che hanno letteralmente cancellato ogni indicazione per chi viaggia in auto o in sella a uno scooter. «Sarà ripristinata la situazione precedente, in coerenza con i tempi dei semafori. Si eviteranno così cambi di direzione e pericolosi intrecci di traiettorie».
In largo Flaiano, Civati, esponente del Partito democratico nell’esecutivo di centrosinistra, ha ribadito anche l’impegno dell’Amministrazione sul fonte caldissimo delle manutenzioni.
«E’ una corsa contro il tempo - ha ammesso - e sarebbe ipocrita tentare di nascondere l’esistenza di criticità, aggravate anche dal fatto che lo scorso anno chi ci ha preceduto non ha programmato nessun intervento di asfaltatura su oltre duecento chilometri di strade comunali. Abbiamo raccolto un’eredità complessa e dobbiamo anche fare i conti con risorse economiche comunque limitate. In ogni caso stiamo procedendo con cantieri programmati e con risposte in tempi ragionevoli alle molte richieste dei varesini».
Dopo Biumo Superiore e largo Flaiano - fanno sapere dal municipio - la squadra di operai si sposterà nel rione San Carlo.
Nel frattempo proseguono anche le sistemazioni dei marciapiedi.
«Nei giorni scorsi sono stati ultimati interventi in largo Resistenza, in viale Monte Rosa e in via Manin - ha ricordato ancora Civati -, mentre in precedenza ci eravamo concentrati su Giubiano e sulla zona delle Bustecche. Le segnalazioni si moltiplicano e dovremo mettere in atto uno sforzo straordinario, anche per reperire più risorse economiche da destinare a queste capitoli di spesa».
Undici furti in casa. «Basta»
Più che alle forze dell’ordine, il caso di Lino Greggio detto Sergio potrà interessare al Guinness dei primati. «Da quando sono arrivato a San Giorgio, ho fatto il conto di tutte le volte che mi hanno derubato», premette l’uomo, residente in via Don Sturzo, zona Campaccio, di fronte al campo usato per la campestre e alle scuole elementari, a due passi dalla casa dell’acqua. In una zona niente affatto appartata, la sua abitazione s’è guadagnata un primato non tra i più invidiabili, del quale - c’è da crederci - l’interessato farebbe volentieri a meno.
Di origini venete, nel 1975, Lino detto Sergio edificò a San Giorgio una villetta con giardino destinata a diventare una vera cuccagna per i topi d’appartamento. A tenere il conto delle intrusioni indesiderate, infatti, la settimana scorsa, è arrivato a quota undici: undici furti in abitazione subiti in poco più di trent’anni che risiede in paese.
Già in precedenza, in occasione del decimo furto, il suo caso era balzato agli onori delle cronache locali accompagnato a un messaggio scritto su foglio di carta e appeso di lato al citofono, nel quale il derubato si rivolgeva direttamente ai ladri: «E siamo a dieci. Dopo dieci furti con scasso sentitamente ringrazio chi ha svuotato le carceri e depenalizzato i piccoli reati. Ringrazio i ladri per i danni subiti. Viva l’Italia». Questo, Greggio, lo scriveva appena tre mesi fa. A pochi giorni dal Natale, i soliti ignoti gli avevano presentato un bel regalo al suo rientrano a casa. Lui l’aveva presa con filosofia: «Tanto ormai non hanno più niente da rubare qui», commentò, nell’atto di affiggere il messaggio riproposto a due anni di distanza dal nono furto, avvenuto sempre attorno agli ultimi dell’anno - era il 2014 - in concomitanza di un black-out che aveva lasciato mezzo paese senza illuminazione.
Prima di partire per le vacanze invernali, Greggio lasciò il primo foglietto ai ladri, più per evitare di piangere che per ridere davvero. «Prima cambiavo tapparelle, finestre, porte. Adesso ci ho rinunciato. Non credo neppure alla videosorveglianza», commentò. Da allora, il messaggio davanti casa è diventato per Sergio una consuetudine, quasi un esercizio di sfogo. L’ultimo l’ha scritto in rima, prendendosela principalmente con «delinquenti o clandestini», poi con un paio di rappresentanti delle istituzioni visti in televisione e lamentando infine una disparità di trattamento tra «noi e loro» in perfetta salsa populista. A riprova che anche una decennale costante può essere sottoposta alle mode del momento.
Aggredito dalla compagna
Un uomo di 66 anni minacciato con un coltello e quindi percosso dalla propria compagna. È successo il 20 marzo a Rho. Subito dopo pranzo, un equipaggio della volante del commissariato Rho Pero è stato inviato dalla centrale operativa in via Scrivia in una abitazione dove era stata segnalata una violenta lite in famiglia. Giunsti sul posto gli agenti hanno accertato che un uomo di 66 era stato appunto aggredito, minacciato con un coltello e quindi percosso dalla propria compagna, di anni 56, affetta di disturbi di bipolarismo. La vittima dell’aggressione mostrava i segni di due vistosi morsi subiti al braccio, con alcune escoriazioni. L’uomo ha spiegato ai poliziotti che la compagna, già da tempo violenta nei suoi confronti, lo era diventata sempre di più; in passato era stato percosso in più occasioni ma per paura di subire altre violenze, aveva preferito non richiedere l’intervento delle forze dell’ordine, né tanto meno denunciare i fatti. All’origine dell’ultima lite, il rifiuto del 66enne di pulire un mobile della casa e questo avrebbe scatenato la furia della donna, che gli si è scagliata contro impugnando un coltello da cucina. L’uomo è riuscito ad evitare i fendenti della compagna, rinchiudendosi poi in una stanza e chiamando la Polizia. La donna nel frattempo, sentito che il compagno aveva allertato i soccorsi, ha riposto il coltello nella cassettiera. E a quel punto, l’uomo è uscito dalla stanza e ha ricevuto un violento pugno in faccia come punizione per aver chiamato la Polizia. Alla Polizia la donna inizialmente ha negato l’aggressione, confermandola poi per ciò che riguarda il pugno. Il 66enne è stato quindi accompagnato al Pronto soccorso dell’ospedale di Rho; è stato medicato e giudicato guaribile con 10 giorni di prognosi per trauma piramide nasale ed escoriazioni varie alle braccia. La donna, che era stata in cura al reparto di Psichiatria dell’ospedale di Passirana in quanto affetta da sindrome bipolare, è ora indagata con le accuse di lesioni e minacce.
“Giustizia è speranza”
Si è svolta oggi, 21 marzo, all’istituto comprensivo Carminati di Lonate Pozzolo la mattinata dedicata alla legalità in occasione della Giornata della Memoria e dell’Impegno che ricorda le vittime innocenti di tutte le mafie. L’iniziativa è stata promossa, oltre che dall’istituto, dal Consiglio Comunale dei ragazzi e dagli assessorati all’Istruzione e alla Cultura del Comune di Lonate Pozzolo, in collaborazione con la cooperativa sociale Naturart di Gallarate. In un’atmosfera attenta e molto sentita, 320 alunni dell’Istituto Carminati, tra gli 11 e i 14 anni, hanno visto il video realizzato dai giovanissimi del Consiglio comunale dei ragazzi sulla vita di Lea Garofalo, vittima della ‘Ndrangheta. Subito dopo il momento più toccante, quando è stato inaugurato nell’atrio della scuola Agorà, lo spazio della condivisione e della democrazia; posata una targa che riporta il motto dai ragazzi “Giustizia è speranza, legalità è impegno”. «Il luogo scelto è significativo - ha spiegatoFabiana Ginesi, dirigente dell’Istituto Comprensivo Carminati - un luogo di passaggio e di alta frequentazione, quello in cui ci raduniamo con i ragazzi per iniziative di confronto e di crescita. L’inaugurazione di oggi è punto di arrivo del lavoro svolto in questi mesi sui temi della legalità e della democrazia ed è ugualmente punto di partenza per fare in modo che la scuola continui ad avere sempre più valenza non solo didattica ma anche educativa e civile». A sostenere la scuola in questo percorso sono stati gli educatori della cooperativa sociale, coordinati da Chiara Zuffrano e dalla responsabile Marisa Ferraro. «Oggi - ha spiegato - abbiamo una bellissima sensazione, quella di tracciare nuovi confini di democrazia per creare terre di mezzo inclusive, nelle quali i cittadini possono incontrarsi, dare vita all’idea di comunità integrata e favorire comportamenti leciti». «Il lavoro pedagogico - ha aggiunto - svolto con il Consiglio Comunale dei Ragazzi vuole accompagnare i giovani ad essere protagonisti ed esempio di cittadinanza attiva: i Consigli comunali dei ragazzi creano relazioni di collaborazione e confronto tra ragazzi e adulti a partire dai problemi reali, stimolano il senso di appartenenza ad una comunità, danno risposte ai bisogni di dialogo e di partecipazione, portando i giovani ad essere protagonisti delle decisioni che li riguardano da vicino». La mattinata è proseguita con attività suddivise per classi: la visione dello spettacolo “Io me ne frego” della compagnia Quelli di Grock di Milano e di cortometraggi sulla legalità, ma anche laboratori, tutti sul tema del rispetto delle regole, del bullismo e cyberbullismo.
Come diventare grandi... Da applausi
Nuova giornata di emozioni e applausi al Busto Arsizio Film Festival. Nella mattinata di martedì 21 marzo, al Teatro sociale Delia Cajelli, la proiezione del film “Come diventare grandi nonostante i genitori”, diretto da Luca Lucini e interpretato da Leonardo Cecchi, Margherita Buy e Giovanna Mezzogiorno. Ecco le interviste realizzate dagli studenti del liceo Classico “Crespi” di Busto Arsizio all’attore Cecchi e ai giovani spettatori in sala
«Meglio la tassa di soggiorno»
Meglio la tassa di soggiorno del caro-Cosap, il Canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche che tante polemiche sta suscitando fra i pubblici esercizi e non solo, davanti all’ipotesi che venga aumentato: questa volta è Confesercenti a rilanciare l’idea all’amministrazione, che ha sospeso il provvedimento di rincaro proprio in attesa di ascoltare la voce degli operatori. «In realtà questa nostra proposta era già contenuta in un documento che abbiamo presentato l’anno scorso a tutti i candidati sindaci - puntualizza il 21 marzo Rosita De Fino, direttore territoriale di Confesercenti -. Quello che oggi è un Canone poco tempo fa era una tassa (Tosap), ma cambiano solo le parole, nei fatti parliamo di una vera e propria imposta dovuta, nonostante con il decreto Milleproroghe siano in teoria impediti nuovi aumenti nei tributi. Così si aggira l’ostacolo. Noi puntavamo al contrario a una riduzione del Cosap del 20% con l’introduzione della tassa di soggiorno, che non sarebbe mai a carico degli albergatori ma dei turisti in arrivo nella nostra provincia: con un solo euro a testa legato al pernottamento nelle strutture del territorio, avremmo 200mila euro da utilizzare subito per il rilancio del turismo. Purtroppo, con il 31 dicembre scorso sono scaduti i tempi per la decisione, ma pensiamo ancora che sarebbe un ottimo strumento da utilizzare senza gravare sulle imprese. Sarebbe una scelta innovativa».
Secondo De Fino, poi, il plateatico non riguarda soltanto bar e ristoranti che nella bella stagione allestiscono i dehors esterni: questa non sarebbe dunque solo la battaglia dei tavolini all’aperto.
«Quando parliamo di suolo pubblico non ci riferiamo solo ai pubblici esercizi ma anche ai mercati, alle manifestazioni non solidaristiche come street food ed eventi itineranti. Insomma a tutte quelle iniziative che portano davvero turismo e movimento in città». Per questo oggi, 22 marzo, nella sede associativa di viale Milano gli ambulanti si ritroveranno per fare il punto delle novità, visto che per le bancarelle si ipotizzano aumenti di circa il 10% (in media il Comune parla di un più 36%, mentre per l’Associazione commercianti, considerando i massimi per chi opera in Ztl, si arriverebbe addirittura a picchi del più 50%).
«Noi ci chiediamo anche che fine faranno gli sconti sul Cosap previsti oggi per le nuove attività con meno di tre anni (meno 50%) e per chi propone manifestazioni di interesse pubblico con il sostegno del Comune (meno 25%) - si domanda il direttore De Fino -. Non abbiamo ovviamente una delibera davanti, ma si vocifera di una scomparsa di queste agevolazioni che invece per noi sono fondamentali».
Associandosi poi all’appello lanciato già da Ascom nei giorni scorsi, anche Confesercenti ribadisce che «prima si danno nuovi servizi per promuovere il turismo e rendere attrattiva la città e solo dopo al massimo si chiedono ulteriori sacrifici alla categoria: il Comune dovrebbe attrezzarsi con un proprio ufficio bandi per intercettare tutte le possibilità di finanziamento e reperire nuove risorse per il territorio».
«Volete che il sindaco si dimetta?»
«Non serve un referendum sul suo stipendio ma sulle sue dimissioni». Prima o poi doveva arrivare: a quasi dieci mesi dall’insediamento a sindaco Davide Galimberti, per la prima volta dall’opposizione viene avanzata un’ipotesi di dimissioni. Complice la bagarre scatenatasi attorno al Piano sosta e al Canone su tavolini esterni di bar, a sollevare la questione, il 21 marzo, è il coordinatore cittadino di Forza Italia, Roberto Leonardi. E lo fa utilizzando uno degli argomenti che più avevano colpito in campagna elettorale, e cioè la proposta del sindaco Davide Galimberti di sottoporre il suo salario al giudizio dei cittadini: «In questo modo - dice l’esponente azzurro - il sindaco arricchisce i malumori e i fallimenti politici che la sua giunta, con rara maestria, sta collezionando in soli nove mesi di mandato: ordinanze antibotti e antibivacco fallite, aumento delle tariffe degli asili con le associazioni dei genitori in rivolta, aumento delle tariffe dei parcheggi e della Cosap, dove pure i commercianti si stanno ribellando. E ancora: il progetto Stazioni è solo virtuale, Varese è sempre più sporca e buia, la sicurezza è fuori controllo, c’è un silenzio assordante sul caso Molina e la cultura è ridotta a marketing, con l’idea di pagare una figura professionale per il brand Varese. Così tante scelte errate in così poco tempo e la responsabilità politica che ne segue devono avere come conseguenza non il referendum sullo stipendio del sindaco, ma le sue dimissioni».
Servizio sulla Prealpina del 22 marzo
Ladri all’Ats, rubati i computer
Ancora un’incursione notturna. Ancora nel mirino le strutture pubbliche della città, le più vulnerabili e facilmente penetrabili, tanto da diventare il bersaglio preferito di balordi che amano il basso rischio e si accontentano di un magro bottino. Questa volta i ladri hanno preso di mira il distretto sommese dell’Ats Insubria di via Cavour.
Cosa cercassero non è noto. Di certo c’è che da un primo sommario inventario mancherebbero soltanto alcuni computer e nient’altro. I vertici sanitari si sono rivolti ai carabinieri per sporgere formale denuncia dopo l’amara scoperta. Pochi i dettagli che trapelano: uno dei più eclatanti è la facilità con cui i malviventi sono riusciti a entrare nella struttura, forzando una finestra al piano terra per poi agire indisturbati fino al completamento del lavoro. Pare che l’Ats sommese sia dotata di un moderno sistema di allarme, ma che l’altra notte non sia scattato. Forse non è stato nemmeno inserito (è una delle ipotesi più accreditate), trasformando così il tentativo di incursione in una vera e propria passeggiata.
Giada, no al carcere per Jeanne
I compagni di classe di Giada Molinaro, la diciassettenne travolta e uccisa da un’auto pirata nel settembre scorso mentre attraversava viale dei Mille, sono venuti nella piazza del Tribunale con uno striscione: “Giada, siamo con te!!! Vogliamo giustizia”. E hanno spiegato di voler esprimere, in questo modo, «solidarietà alla famiglia di Giada»: «Queste parole le abbiamo scritte non per protestare contro qualcuno, ma per essere vicini a chi ha vissuto questa tragedia. Oggi abbiamo avvisato la scuola che non avremmo seguito le lezioni e che saremmo venuti qui».
Intanto, a pochi metri di distanza, nell’aula al primo piano del tribunale, il via alla prima udienza del processo con il rito abbreviato, davanti al gup Alessandro Chionna, a carico dell’investitore, fuggito e poi catturato, il ventiquattrenne Flavio Jeanne, di professione cuoco, nato a Varese da genitori originari delle Mauritius. Un processo che si è fermato ancora prima di iniziare, dato che i difensori di Jeanne, gli avvocati Cinzia Martinoni e Alberto Talamone, hanno aderito allo sciopero dei legali in corso in questi giorni, motivo per cui il loro cliente è rimasto a casa, dov’è agli arresti domiciliari, anche se era stato stabilito di farlo accompagnare in tribunale da una scorta per la sua sicurezza e per motivi di ordine pubblico.
Nulla di fatto, dunque? Non proprio, perché prima di rinviare il processo al pomeriggio del 28 marzo, il giudice delle udienze preliminari ha affrontato un’istanza del sostituto procuratore Massimo Politi, che ha chiesto un aggravamento della misura di custodia cautelare attualmente applicata a Jeanne, quella, come detto, degli arresti domiciliari. «L’imputato deve stare in carcere», ha detto in sostanza il pm nel corso della breve udienza a porte chiuse. Motivando questo cambiamento, a indagine conclusa e a sentenza non ancora pronunciata, con la condizione di Jeanne, che sarebbe un consumatore di sostanze stupefacenti e per questo potrebbe in ogni momento evadere dai domiciliari, salire su un’auto e reiterare il reato di omicidio stradale. Una richiesta che ha sorpreso un po’ tutti, visto che quello contestato al cuoco è un reato colposo e chiaramente il ragazzo non ha mai avuto la volontà di investire Giada per ucciderla. In ogni caso la decisione del gup è arrivata già nello stesso pomeriggio ed è stata nel segno della continuità: rigettata dunque la richiesta del pubblico ministero e confermati gli arresti domiciliari per l’imputato.
Cerca d’investire la ex: manette
Ennesimo caso di stalking, manette a un uomo di 42 anni residente in un comune della Valle Olona per atti persecutori nei confronti della (quasi) ex moglie. È successo domenica 19: ad arrestare il marito-stalker gli agenti della Volante del commissariato di Busto, che lo hanno fermato nella flagranza del reato.
Il caso della coppia, che in questi mesi ha in corso gli atti di separazione, era già noto ai poliziotti di via Ugo Foscolo che nei primi giorni del mese avevano ricevuto la denuncia da parte della donna. Questa aveva raccontato che, a seguito della decisione di interrompere il rapporto coniugale, il marito, non accettando la separazione, pur lasciando il tetto coniugale aveva iniziato a indirizzarle una sequela di minacce di morte («sono i tuoi ultimi giorni, devi morire…» «ti vengo a prendere, ti brucio viva») e di offese, giungendo ad aggredirla fisicamente tanto da provocarle delle lesioni e a romperle occhiali e cellulare.
L’epilogo la scorsa domenica quando, in tarda serata, nel rincasare in auto con il nuovo compagno la donna si è accorta che l’ex era appostato nei pressi. I due hanno cercato di distanziare lo stalker, ma questo ha iniziato a inseguirli in auto effettuando manovre molto pericolose - tanto da impegnare una rotatoria e una via contromano incurante delle altre vetture che sopraggiungeva - ha tentato di raggiungerli e speronarli e, contemporaneamente, ha inviato messaggi minatori col cellulare.
La donna, terrorizzata, si è diretta verso il commissariato e nel frattempo ha chiamato la sala operativa descrivendo la terribile situazione. La Volante, seguendo le indicazioni della vittima, ha intercettato la vettura dell’inseguitore, l’ha fermata e ha arrestato l’uomo nella flagranza di atti persecutori.
Altro servizio sulla Prealpina di giovedì 23 marzo
Finanza, quando il gioco si fa duro...
Fiamme gialle, un anno in prima linea e un 2017 partito con grandi numeri e nuovi progetti nella quotidiana lotta ai reati fiscali. Si è svolta oggi, mercoledì 22 marzo, nella sede del Comando Provinciale, alla presenza del comandante colonnello Francesco Vitale, la presentazione del “Rapporto Annuale 2016”, con l’illustrazione delle progettualità per il 2017.
Attività che spaziano dalla prevenzione e repressione dei fenomeni evasivi al contrasto patrimoniale alla criminalità economica e organizzata, dalla lotta agli sprechi di risorse pubbliche all’antiriciclaggio, dalla lotta ai traffici illeciti al concorso nella salvaguardia della vita umana; operazioni che, oggi più che mai, proiettano la Guardia di Finanza nel suo ruolo di polizia economica e finanziaria e di polizia giudiziaria, sempre capace di individuare i possibili profili di connessione tra illeciti fiscali e ogni forma di delinquenza, senza tralasciare i risvolti e i riflessi di carattere sociale.
Al riguardo, il colonnello Vitale, introducendo la conferenza, ha rimarcato il ruolo della Guardia di Finanza: «Al Corpo è affidata, nel percorso di completamento della riforma fiscale e in via del tutto complementare rispetto alle funzioni demandate alle Agenzie fiscali, la responsabilità di contrastare e arginare le grandi evasioni, le frodi organizzate e il sommerso, in un quadro generale di certezza, stabilità e semplificazione del sistema fiscale e di sostegno dei contribuenti onesti nell’adempimento spontaneo agli obblighi tributari, anche in linea con quanto stabilito nell’Atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi fiscali per gli anni 2017-2019».
Per questo saranno ulteriormente rafforzati, nel 2017, i rapporti di cooperazione e scambio informativo con gli altri Enti e Istituzioni impegnati nel settore nonché la collaborazione di polizia e la mutua assistenza amministrativa in ambito internazionale ed europeo.
Per quanto riguarda il bilancio dell’attività del 2016, il comando provinciale delle Fiamme gialle ha: realizzato 45 Piani operativi, diretti all’aggressione delle più dannose e pericolose manifestazioni di illegalità economico-finanziaria nelle diverse aree della Provincia, orientando le risorse disponibili sui fenomeni caratteristici delle singole aree geografiche provinciali; eseguito, in attuazione dei piani operativi, 12.962 interventi, distribuiti nelle 2 missioni fondamentali di polizia economica e polizia finanziaria;
sviluppato 1.003 deleghe d’indagine pervenute dalla magistratura ordinaria e contabile, a fronte delle 1.123 ricevute. Senza tralasciare il contrasto ai grandi traffici illeciti e il concorso al dispositivo di ordine e sicurezza pubblica provinciale.
Altro servizio sulla Prealpina di giovedì 23 marzo
Rinasce il ponte sullo Strona
Anticamente rappresentava un punto di transito importantissimo per chi da Somma Lombardo volesse dirigersi verso Nord-Ovest. Poi, con l’ampliamento della rete viaria della zona e soprattutto, nel diciannovesimo secolo, la nascita della strada del Sempione, finì per essere sempre meno utilizzato e quasi dimenticato. Fu definitivamente distrutto negli anni cinquanta del ‘900 e, fino ad oggi, si conta solo un tentativo - di breve durata - di costruire una struttura in legno presto crollata. Parliamo dello storico ponticello sul torrente Strona (uno dei massimi affluenti del Ticino in provincia di Varese) in località Santa Caterina, vero pezzo di storia per la città di Somma e per la zona in generale. Ora la struttura, grazie ad alcuni benefattori appassionato di storia locale, è stata ripristinata ed è stata presentata nella mattinata di mercoledì 22 dal sindaco Stefano Bellaria, l’assessore ai lavori pubblici Edoardo Piantanida Chiesa e l’architetto Alberto Senaldi.
Altro servizio sulla Prealpina di giovedì 23 marzo
Lidia, i periti chiedono i peli di Binda
Risale a un anno fa la riesumazione di Lidia Macchi al cimitero di Casbeno. A che punto sono dunque gli accertamenti peritali disposti a suo tempo dal gip Anna Giorgetti sui resti della studentessa di Casbeno, uccisa nel bosco del Sass Pinì la sera del 5 gennaio di 30 anni fa? Accertamenti portati avanti in perfetta sinergia dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo con i Ris di Parma e la biologa e genetista forense dell’Università di Firenze Elena Pilli.
Premesso che le perizie sono state sin dall’inizio blindate, si può sicuramente affermare senza ombra di smentita che, a poche settimane dal via del processo davanti ai giudici della Corte d’Assise di Varese, stia per avere inizio la fase più delicata. Quella che, nelle intenzioni dei periti e nelle speranze delle parti coinvolte (anche della difesa di Stefano Binda, rinviato a giudizio per l’omicidio, ma che da sempre si dichiara innocente), ha sempre avuto un unico obiettivo: individuare un profilo genetico che consenta di dare un nome e un cognome all’assassino. In questo anno di attività, tra l’istituto di Medicina legale di Milano (dove è ancora custodita la salma di Lidia Macchi) e il quartier generale dei Ris in un’ala del Palazzo Reale di Parma, si è fatto il possibile per catalogare le migliaia di formazioni pilifere (principalmente peli e capelli) sulla base della loro forma. È stato un lavoro di catalogazione improbo, a riprova del fatto che ci si trova di fronte a uno sforzo scientifico immane che, forse, vuole mettere una pezza agli errori commessi anche dall’Autorità giudiziaria in sede di indagine (basti ricordare la distruzione della dozzina di vetrini contenenti lo sperma dell’omicida, ndr).
Sta di fatto che, nelle prossime settimane, le formazioni pilifere rinvenute sulla salma saranno comparate con quelle del quarantanovenne di Brebbia. Come da richiesta contenuta nell’incidente probatorio, Cristina Cattaneo ha chiesto e ottenuto di poter acquisire i peli e i capelli di Stefano Binda: un’operazione che dovrebbe compiersi entro un paio di settimane nel carcere di Busto Arsizio.
Poi si procederà alla comparazione morfologica dei peli di Binda con quelli trovati tra i resti di Lidia. In caso di riconducibilità morfologica a Binda, si farà un’analisi genetica provando a estrarre il Dna da peli e capelli. Inoltre, entro fine mese ci sarà una sorta di summit tra periti per decidere quale strategia tecnica dovrà essere adottata per approcciarsi alle unghie delle mani e ai pochi millimetri dell’imene di Lidia, un reperto sopravvissuto alla distruzione ordinata a suo tempo dall’allora gip di Varese Ottavio D’Agostino, perché conservato in paraffina nell’università di Pavia dal professor Mario Tavani, il medico legale varesino autore dell’autopsia che - è emerso di recente - segnalò la presenza di liquido seminale.
Ferrari sequestrata: «Tanto ne ho un’altra»
Correva ad alta velocità su una Ferrari F152 (costo 320 mila euro) con le targhe temporanee scadute. La Polizia stradale di Domodossola, la cui pattuglia si è vista superare dal bolide di Maranello, ha fermato l’automobilista, un cittadino svizzero, sulla superstrada 33 del Sempione. Un ulteriore controllo ha permesso di verificare che l’auto, appena comprata in Belgio, circolava con targhe temporanee belghe scadute e il conducente era in possesso di documenti doganali per importazione dell’autoveicolo nella confederazione elvetica, non in Italia. Agli agenti l’uomo, insofferente, ha dichiarato: «Tenetevela pure, tanto a casa ne ho un’altra». Il giorno dopo, però, uno studio legale ha provveduto a pagare per suo conto gli 848 euro di sanzione relativa alla circolazione di veicolo privo di immatricolazione. Gli avvocati hanno anche inoltrato richiesta di dissequestro del mezzo, destinato altrimenti alla confisca.