«Che cos’è quella roba? Se non la fai togliere rapidamente non so che cosa ti può succedere».
Questa minaccia, proferita nel maggio di sei anni fa all’indirizzo dell’allora titolare dell’assessorato alla sicurezza del Comune di Vergiate, Franco De Tomasi, sono costate al titolare di un bar una condanna a quattro mesi di reclusione.
Una condanna inflitta in primo grado dal Tribunale di Busto Arsizio e confermata ieri, martedì 27 giugno, dai giudici della seconda Corte d’Appello di Milano.
Premesso che le minacce a pubblico ufficiale (così è stato inquadrato il reato oggetto del procedimento penale) furono abbinate ad atteggiamenti a dire poco aggressivi (l’imputato avrebbe stretto un braccio e provocato un livido al malcapitato amministratore e lo avrebbe spintonato in malo modo), a scatenare la rabbia dell’esercente non fu tanto la decisione dell’ente locale di installare una telecamera nel piazzale antistante il locale quanto quella di direzionarla verso l’interno del bar e non verso il parchetto antistante.
Siccome l’allora assessore rivendicò tanto la bontà della scelta quanto il suo corretto posizionamento della telecamera da parte di una società specializzata in videosorveglianza per aree pubbliche, N.A.A., cinquantatreenne originario della provincia di Salerno, perse le staffe.
Il processo, non essendoci testimoni neutri presenti al fatto (se non un vergiatese che però ha ascoltato solo spezzoni del colloquio), è ruotato attorno alla credibilità o meno del racconto della persona minacciata. Per il Tribunale di Busto Arsizio come per la Corte d’Appello le dichiarazioni dell’ex assessore sono state considerate «prive di contraddizioni, scevre da contenuto calunniatorio e pianamente riscontrate».
Da censura, sempre secondo i giudici, la frase incriminata, nonché «le modalità costrittive che hanno accompagnato la prospettazione di un male ingiusto che l’imputato avrebbe avuto il potere di realizzare qualora l’assessore non si fosse piegato al suo volere».
All’imputato non è stato riconosciuto il beneficio della sospensione condizionale della pena, avendone goduto già un paio di volte in precedenza.